"10.000 A. C." di Roland Emmerich

10.000 A. C.Il blockbuster preistorico gioca a carte scoperte, sgombrando subito il campo dalle idiote pretese di verosimiglianza e mantiene fino in fondo le sue promesse spettacolari. Risponde alle attese e forse è proprio questo il suo limite, quello di non riuscire mai a sbracare, a deviare dalla sua linearità e dalle sue pur necessarie premesse. In nome di esse si finisce per rinunciare all’epica, a quell’invisibile che s’impone sul visibile

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10.000 A. C.Sarà il tempo a distinguere ciò che è verità e ciò che è leggenda. E se la verità è spesso destinata a perdersi nei secoli, la leggenda continua a perpetuarsi generazione dopo generazione. Sembra L’uomo che uccise Liberty Valance di John Ford, ma si tratta in realtà (?) dell’incipit di 10.000 A. C., l’ultimo blockbuster di Roland Emmerich (Independence Day, Il patriota, Godzilla, L’alba del giorno dopo), che subito sgombra il campo da qualsiasi idiota pretesa di una verosimiglianza, sia essa storica, antropologica, linguistica, geologica e geografica. Alla fine, le uniche regole che può seguire un racconto sono quelle che esso stesso impone. E il gioco qui è subito scoperto: niente dottrina e niente teoria, solo il fascino affabulatorio di uno spettacolo inventato. Che poi la storia segua un percorso classico, risaputo rientra nelle premesse di uno show per il grande pubblico. L’amore come sempre è il motore di tutto: quello tra il giovane cacciatore D’Leh (Steven Strait) della tribù dei Yagul ed Evolet (la Camilla Belle), la fanciulla degli occhi azzurri, primo segno dell’antica profezia. Poi un rapimento ad opera di oscuri “demoni a quattro zampe”, truci mercanti di schiavi, dà il via all’avventura. Parte l’inseguimento e i cacciatori diventano guerrieri, affrontano tigri con le zanne a sciabola e uccelli giganteschi, attraversano terre, deserti, fiumi, incontrano altri popoli, scoprono con stupore il mondo. E il viaggio li porta sino alla montagna degli dei, dove una civiltà più evoluta sfrutta gli schiavi per costruire imponenti monumenti e celebrare la propria illusoria grandezza. Decine e decine di miliardi, oltre due anni di lavorazione per ottenere gli stupefacenti effetti digitali che fanno rivivere giganteschi mammuth e animali preistorici: pur se con qualche debito nei confronti di Stargate, 10.000 A. C. in fondo mantiene le sue promesse e immerge nel suo flusso e nel suo ritmo. Non sfuggono neanche gli intenti polemici di Emmerich, che come in Independence Day manda letteralmente in pezzi i segni del potere per affermare le ragioni universali della rivolta e i principi di fratellanza universale. Neri e bianchi combattono fianco a fianco per la libertà e dalla loro unione viene piantato il progresso della storia. Ancora una volta letteralmente…e forse è in questa evidenza assoluta  il limite del film, che non può e non vuole mai deviare dalla sua linearità, non riesce mai ad essere altro che la sua superficie spettacolare, il fantasma sensibile della sua imponente costruzione visiva. Ogni premessa è rispettata, e in nome dell’attesa si rinuncia all’epica, ai suoi meandri oscuri e al suo sacrificio necessario, a quell’invisibile che s’impone sul visibile.   

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Titolo originale: 10.000 B. C.

Regia: Roland Emmerich

Interpreti: Steven Strait, Camilla Belle, Cliff Curtis, Joel Virgel, Nathanael Baring, Omar Sharif (voce)

Distribuzione: Warner Bros.

Durata: 109’

Origine: USA/Nuova Zelanda, 2008

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