"Il cacciatore di aquiloni", di Marc Forster

La trasposizione cinematografica dell’omonimo bestseller di Khaled Hosseini sembra togliere respiro alla visionarità di Marc Forster, e così Il cacciatore di aquiloni rimane un film eccessivamente legato al testo letterario di partenza, come se non potesse esistere un cinema in grado di vivere di vita propria, un cinema autonomo e libero dalla prigione della carta stampata.

--------------------------------------------------------------
CORSO DI SCENEGGIATURA ONLINE DAL 6 MAGGIO

--------------------------------------------------------------

Il ritorno in un Afghanistan ostile e in mano ai talebani, molto diverso da quello vissuto nella sua infanzia, è per Amir l’occasione di espiare l’errore che lo allontanò dal piccolo Hassan, suo servitore ma soprattutto suo più grande amico.

--------------------------------------------------------------
#SENTIERISELVAGGI21ST N.17: Cover Story THE BEAR

--------------------------------------------------------------

La trasposizione cinematografica dell’omonimo bestseller di Khaled Hosseini sembra togliere respiro alla visionarietà di Marc Forster: regista versatile, in grado di abbracciare generi diversi tra loro, non trova nella sceneggiatura di David Benioff la giusta chiave di lettura filmica per dare vita ai personaggi e alle emozioni di una storia che ha appassionato lettori in tutto il mondo. Ne nasce così un cinema morto, preconfezionato, profondamente “hollywoodiano” nell’anima; un prodotto che sembra rivolgersi esclusivamente a un pubblico di bocca buona, in cerca di buoni sentimenti per una lacrima facile. La portata del messaggio non si discute (il valore e la redenzione dell’amicizia, contrapposta alle crudeltà del regime talebano), così come è oggettivamente molto bello il modo in cui viene rappresentato il personaggio del padre di Amir, ma Il cacciatore di aquiloni rimane un film eccessivamente legato al testo letterario di partenza: Benioff e Forster si affidano esclusivamente all’opera di Hosseini, rinunciando alla narrazione in prima persona della voce fuori campo e sfrondando alcuni passaggi qua e là, senza però preoccuparsi di reinterpretarlo. E così il loro film scorre via senza lasciare il segno, piatto e monocorde: meglio la prima parte della seconda, nella quale l’infanzia dei due protagonisti si tinge a tratti di una commozione vera e sincera, ma non basta. Il ritratto che emerge dell’Afghanistan è troppo occidentalizzato per appassionare davvero, incentrato com’è sulla superficie delle cose, e il desiderio di rappresentare a tutti i costi buona parte delle situazioni presenti nel romanzo finisce così per togliere loro mordente e respiro (come ad esempio la sequenza dello stupro, che pur nella sua drammaticità sembra forzata e slegata dal contesto), come se non potesse esistere un cinema in grado di vivere di vita propria, un cinema autonomo e libero dalla prigione della carta stampata. Proprio come gli aquiloni che volano nel cielo e sui quali la macchina da presa di Forster si sofferma più volte, incantata. Ma è un incanto del quale nel film vi sono poche tracce.

Titolo originale: The Kite Runner
Regia: Marc Foster

Interpreti: Khalid Abdalla, Homayoun Ershadi, Shaun Toub, Atossa Leoni, Saïd Taghmaoui, Zekiria Ebrahibi, Ahmad Khan  Mahmidzada
Distribuzione: Filmauro
Durata: 131'

Origine: USA, 2007

 

--------------------------------------------------------------
CORSO ONLINE SCRIVERE E PRESENTARE UN DOCUMENTARIO, DAL 22 APRILE

--------------------------------------------------------------

    ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER DI SENTIERI SELVAGGI

    Le news, le recensioni, i corsi di cinema, la riviste, i libri, gli eventi e tutte le nostre iniziative


    Array