TORINO 25 – "Gyeong-ui-seon (The railroad)" di Park Heung-Sik (Torino 25).

Gyeong-ui-seon di Park Heung-Sik è un film di asciutta narrazione, di elegante messa in scena sul tema della solidarietà. Un film di sentimenti che la cinematografia asiatica, ancora una volta, fa diventare leggeri e impercettibili nella curata forma espressiva.

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Al centro delle riflessioni di Park Heung-Sik, il regista coreano autore di questo Gyeongui seon, vi è il tema della solidarietà, quella tra le persone ma anche quella che dovrebbe accomunare i popoli e, in particolare, le due Coree che, anche da un punto di vista economico viaggiano a due velocità differenti.

Cosicché la storia dei due protagonisti che, a causa di una tormenta di neve sono costretti a conoscersi e a condividere i disagi, svelando lentamente le proprie rispettive storie e che praticando proprio quella solidarietà supereranno i propri momenti difficili, si fa scenario per la messa in pratica di questa necessaria comunanza.

Park Heung-Sik aveva già presentato, nel 1999, qui a Torino un cortometraggio che si chiamava A day, questo nuovo lavoro in concorso è la sua seconda opera in forma di lungometraggio. Il film, si fa continuatore di quella corrente coreana e più in generale asiatica, che mette in mostra, con lineare capacità e una molto apprezzabile forma espressiva, il sentimento e il suo molteplice atteggiarsi. Un racconto lineare, depurato da qualsiasi nebuloso orpello, per larga parte, fa di Gyeongui seon un film di asciutta narrazione, di elegante messa in scena attraverso le soggettive lente e profonde della metropolitana, dove lavorando come conduttore di treni il protagonista Man-soo vedrà morire suicida una donna con cui immaginava di intrecciare una storia d’amore o nei primi piani degli sguardi di Hanna, la giovane docente innamorata del suo ex professore. Trasparente e misurato il film procede senza intoppi fino al momento clou, fin quando cioè tocca ai protagonisti interagire per mettere in pratica quella comune e reciproca partecipazione alla vita dell’altro. Qui Park Heung-Sik, rallenta il ritmo e dilata i tempi, spinge sulle differenze di classe dei due protagonisti per fare intendere quella necessità della solidarietà che dovrebbe permettere l’abbraccio anche tra le due Coree. Il frequente riferimento al muro di Berlino e alla situazione tedesca (Hanna studia e insegna letteratura tedesca), diventa ulteriore esplicito rimando. La neve, complice del loro incontro, fa il resto raggelando i tempi e spostando il film su un piano dove l’elemento scenografico prende il sopravvento a svantaggio di quello del ritmo. Ma tutto ciò, in fondo, toglie abbastanza poco al film, che si attesta come una nuova dimostrazione della capacità tutta asiatica di attraversare, con elegante profondità, il tema dei sentimenti che così trattati diventano leggeri e impercettibili, ancorché sempre sottilmente avvolgenti, come la neve che nella parte finale copre le cose e isolando i due protagonisti gli consente di completare i loro percorsi placando il tormento delle loro anime.

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