TORINO 25 – "The Tracey fragments", di Bruce McDonald (Fuori Concorso)

Mezzo: tecnica combinatoria e immaginazione. Destinazione: mente di Tracey. The Tracey fragments usa le stesse armi-blob dello sfondo mediatico ormai incorporato nel profilo-cinema dell’adolescente occidentale, ma rompendo senza rimpianti le righe del reale arriva fino alla percezione di se stessi come immagine: capolinea di questa meravigliosa ragazzina, alienata e furibonda, interpretata da Ellen Page

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Mezzo: tecnica combinatoria e immaginazione. Destinazione: mente di Tracey.

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Sguardo inedito sull’ultima generazione (americana), nuova proiezione di un sotto-testo minimale, già visto, irrimediabilmente potente. 
Prima che le sovrastrutture ramifichino, prima che l’identità sia compiuta, l’adolescente Tracey è multi-immortalata da una costruzione cinematografica nata (lo afferma il regista) con l’idea di "risparmiare denaro e realizzare un film che fosse allo stesso tempo più interessante", e presto impadronitasi del codice dello sguardo in The Tracey fragments: il multi-frame. 
Questa continua proliferazione di quadri che moltiplica, appiattisce e decide i punti di vista all’inizio suona incongruente, al limite del fastidio, quasi una facile scorciatoia per spaccio di innovazione. Il multi-frame, o split screen multiplo, si rivela però la materia stessa del viaggio al centro della mente della protagonista (Ellen Page, Juno): se è vero che la cognizione umana procede per percorsi diffusi di attivazione, se l’oggetto/fonte dello sguardo è la deriva dell’identità, demone multiforme dei quindici anni, McDonald sceglie una soluzione visiva funzionale ad un contatto real-time e indistinto con immagini mentali, ricordi, fantasie e realtà. 
Un gioco la cui reiterazione si legge prima come esasperazione, poi come tangenziale della terra accidentata e inospitale di questa piccola vita fatta di genitori estranei, psichiatri governativi, fratelli-oggetto, popular blondies e sesso innevato. The Tracey fragments usa le stesse armi-blob dello sfondo mediatico ormai incorporato nel profilo-cinema dell’adolescente occidentale, ma rompendo senza rimpianti le righe del reale arriva fino alla percezione di se stessi come immagine: capolinea di questa meravigliosa ragazzina, alienata e furibonda, compressa dalle siepi di Provincia e follemente libera, persino, finalmente, di se stessa nella camminata finale, già oltre noi, oltre lo schermo.

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