"In the Name of the King", di Uwe Boll

in the name of the king, di uwe boll - jason statham

Jason Statham impara qui finalmente, scoprendosi figlio di Burt Reynolds, di avere un'unica discendenza: quella dei corpi gloriosi del genere degli anni '80 – è così che, passando per un remake stalloniano come il sorprendente Death Race, può giungere ad affiancare Sly nell'imminente The Expendables. Dal canto suo, Uwe Boll procede implacabile secondo una orizzontalità perenne che travisa il respiro da kolossal come continuo appiattimento di ogni prospettiva che non sia frontale.

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in the name of the king, di uwe boll - jason stathamQueste mani parlano molto meglio delle parole.”
Fattore Statham


E' ardua e prolungata la battaglia di Jason Statham
versus il cinema di Uwe Boll. Il nemico (incarnato da un grottesco Ray Liotta che sembra essersi quasi scordato di essere già fuggito da Absolom), Statham lo uccide almeno cinque volte nel corso del film, a colpi di spada o a mani nude: ma quello rinasce continuamente, come un personaggio da videogame che abbia perso solo una delle sue vite, appunto (stavolta Boll è alle prese con la trasposizione dell'action role play Dungeon Siege): d'altra parte Liotta è proprio la mente-giocatore che muove il suo personaggio-avatar durante le battaglie. Jason Statham, invece, è il Farmer, “il Fattore”. Ci mancava un tassello per capire bene come Mister Transporter fosse passato, dopo aver frequentato Carpenter, dal ributtante filonazismo di Ritchie e Crank allo splendente rinnovamento della figura popolare dell'eroe (da operaio a detenuto, in lotta contro i padroni e la 'gioventù ariana'…) nel sorprendente e bellissimo Death Race di Paul WS Anderson – ecco, questo In the name of the King, datato 2007, è per Statham il film della presa di coscienza (di classe). Il suo personaggio è infatti un contadino senza nome e senza passato (perché “diventi quello che fai”), uomo del popolo che combatte a calci e pugni o con l'ausilio di spade e boomerang contro l'invasione del regno da parte dell'esercito dei mostruosi Krug, per poi diventare Re e condottiero scoprendosi figlio nascosto di quel Burt Reynolds “giunto alla fine della sua vita” che negli anni '80 rappresentava con i suoi film “l'elogio dello stuntman, corpo-oggetto senza volto” (Giona A. Nazzaro). A differenza dell'incoronazione di Vin Diesel nel finale de Le cronache di Riddick, esternazione definitiva (e perseguita dal Kassovitz di Babylon AD) delle esibite fattezze multietniche della sua natura (Riddick infatti diventa Re di più popoli…), Jason Statham impara così – finalmente – di avere un'unica discendenza, quella dei corpi gloriosi del genere degli anni '80: il passaggio dal remake di quell'Anno 2000 La corsa della morte in cui Paul Bartel scopriva per primo la grandezza di Sly, all'essere parte del cast dell'imminente The Expendables diretto proprio da Stallone e starring Mickey Rourke, Dolph Lundgren e parrebbe addirittura anche Arnold Schwarzenegger, non può che sottolineare allora per un corpo come quello di Statham il percorso in atto “da bruco a farfalla”. Dal canto suo, Uwe Boll gioca la partita del film come se non si potesse mai “salvare” la progressione del game, e procede implacabile secondo una orizzontalità perenne che travisa il respiro da kolossal di panoramiche dai campi di battaglia e carrellate in mezzo agli scontri tra gli eserciti come continuo appiattimento di ogni prospettiva che non sia frontale (come se i videogames fossero ancora bidimensionali, insomma – tra l'altro questo continua ad essere il fallimento di tutto il suo cinema…): è allora abbastanza divertente notare come, nello scontro finale tra Statham e il potentissimo Mago Ray Liotta, il Fattore riesca unicamente mediante le potenzialità fisiche del suo corpo da atleta a replicare le circonvoluzioni e le piroette che il suo antagonista può eseguire solo perché aiutato dagli effetti speciali – non sarà allora un caso se al fianco del protagonista per tutto il film ci sia quel Ron Hellboy Perlman che sa bene come tenere i piedi saldi a terra in questo genere di ambientazioni, perseguendo sotto Guillermo Del Toro quella via tutta terrena, materico-meccanica, ad un fantasy che passi attraverso le rotelle e le pulegge dei suoi meccanismi color ruggine per seminare la propria visionarietà sotterranea agli angoli dei nostri occhi metropolitani.

Regia: Uwe Boll
Interpreti: Jason Statham, Leelee Sobieski, Claire Forlani, Burt Reynolds, Ray Liotta, Ron Perlman
Distribuzione: Onemovie
Durata: 124'
Origine: Canada/Germania, 2007

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