UNKNOWN PLEASURES (5) – Omaggio a CLAIRE DENIS


In una prospettiva di cinema "privato" racchiuso in un segreto elaborare della memoria, ma anche delle intime pulsioni, vitalmente presenti, ma, spesso doverosamente represse, c'è spazio sufficiente per entrare nel piccolo mondo riservato di Claire Denis. UNKNOWN PLEASURES (5) – giovedì 27 ottobre h 20.30 Sentieri Selvaggi, via Carlo Botta 19 a Roma – INGRESSO GRATUITO

 

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UNKNOWN PLEASURES (5) – OMAGGIO A CLAIRE DENIS – giovedì 27 ottobre

 

giovedi 27 ottobre, ore 20.30 – UNKNOWN PLEASURES #5 

Omaggio a CLAIRE DENIS 

con film inedito – a sorpresa (ingresso gratuito)

Sentieri selvaggi, Via Carlo Botta 19. Tel. 06/96049768

 

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In una prospettiva di cinema "privato" racchiuso in un segreto elaborare della memoria, ma anche delle intime pulsioni, vitalmente presenti, ma, spesso doverosamente represse, c'è spazio sufficiente per entrare nel piccolo mondo riservato di Claire Denis. Il cinema è per la Denis, come lei stessa descrive il suo operare, la linea di una terra che man mano che ci si avvicina prende forma e come da una barca la superficie terrestre mostra i suoi dettagli. A cavallo tra due culture, per tradizione e motivi politici, simbiotiche, come quella africana e francese, la Denis ha fruito dell'eredità intellettuale della Nouvelle vague, senza mai mostrarsi un'epigona, ma piuttosto elaborando, proprio in quella sorta di camera segreta che è il suo mondo visivo, gli insegnamenti di quella stagione del cinema francese. Rende omaggio a questo suo passato culturale Cinéma de notre temps: Jacques Rivette, le veilleur (1990), film girato per la tv.

La sua attività non è mai stata frenetica proprio perché la Denis resta sempre molto attenta al travaglio che precede l'opera e così che i suoi film e i suoi documenti filmati, restituiscono, nel bene e nel male, il lavorio elaborativo della coscienza. È forse per questa ragione che, comunque, non si può mai essere completamente insoddisfatti di un film della Denis. Ci colgono di sorpresa alcune felici intuizioni e la sua capacità di avvicinarsi all'intimo dei personaggi scandagliati tra le pieghe di un primo piano o di una improvvisa vertigine.

La Denis è attiva fin dal 1971, soprattutto con produzioni destinate alla televisione, brevi cortometraggi e documentari che solo nel 1988 le avrebbero permesso di arrivare al grande schermo con Chocolat che nel 1989 è presente a Cannes. Questa sua prima opera costituisce la conferma delle premesse. Sguardo privato e fortemente autobiografico, passioni segrete e represse si accumulano lungo lo svolgersi della vicenda del film. Eppure la Denis non lavora mai prosciugando la propria materia, anzi, viceversa appesantandone il senso, il suo non può dirsi uno sguardo leggero sulle cose, il suo filmare è denso con la pretesa della massima partecipazione da parte dello spettatore. Si tratta, in fondo, di un conseguente corollario della propria espressione. Lo spettatore ha accesso ad un mondo quanto mai privato, ai limiti del segreto, nel quale condividere codici e segnali, quanto più alta sarà la sua partecipazione e la sua complicità all'interno di queste coordinate della coscienza, tanto più potrà essere viva e ricca la compartecipazione emotiva, sempre segreta, con il cinema di Claire Denis. Autobiografismo estremo, quindi, non di fatti o circostanze, tempi e luoghi nei suoi film restano quasi esclusi, marginali, basti ripensare alle ruvide immagini di Beau travail (1999), liberamente ispirato al melvilliano "Billy Bud" in cui l'attenzione per i corpi dei protagonisti, di Denis Lavant su tutti, per comprendere, che il come e soprattutto il dove per la Denis abbiano una relativa importanza. Qui la vicenda si svolge in un luogo immobile e devitalizzato, una Gibuti di inizio secolo in cui emergono solo i tratti pesanti di una storia tutta al maschile che, forse, riesce a coprire a mala pena, nel vero senso di un hard movie, una volontà di sguardo che non può essere che tutta e completamente femminile. Sullo stesso versante, ma ancora più densamente intimo in un accelerato personalissimo autobiografismo si colloca Vendredi soir (2002) in concorso alla ultima mostra veneziana. La visione conferma il percorso della Denis e dimostra, ancora una volta, di quanto e come, l'analisi autobiografica per l'autrice lavori all'interno di codici del tutto estranei a quelli correnti.

Sotto questa prospettiva si profilano i contorni delle poetiche della Denis, che per vocazione resta un personaggio appartato, quanto vitale, sfuggente a qualsiasi catalogazione che apparirebbe restrittiva e comunque inadeguata.

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    con film inedito – a sorpresa (ingresso gratuito)

    Sentieri selvaggi, Via Carlo Botta 19. Tel. 06/96049768

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    In una prospettiva di cinema "privato" racchiuso in un segreto elaborare della memoria, ma anche delle intime pulsioni, vitalmente presenti, ma, spesso doverosamente represse, c'è spazio sufficiente per entrare nel piccolo mondo riservato di Claire Denis. Il cinema è per la Denis, come lei stessa descrive il suo operare, la linea di una terra che man mano che ci si avvicina prende forma e come da una barca la superficie terrestre mostra i suoi dettagli. A cavallo tra due culture, per tradizione e motivi politici, simbiotiche, come quella africana e francese, la Denis ha fruito dell'eredità intellettuale della Nouvelle vague, senza mai mostrarsi un'epigona, ma piuttosto elaborando, proprio in quella sorta di camera segreta che è il suo mondo visivo, gli insegnamenti di quella stagione del cinema francese. Rende omaggio a questo suo passato culturale Cinéma de notre temps: Jacques Rivette, le veilleur (1990), film girato per la tv.

    La sua attività non è mai stata frenetica proprio perché la Denis resta sempre molto attenta al travaglio che precede l'opera e così che i suoi film e i suoi documenti filmati, restituiscono, nel bene e nel male, il lavorio elaborativo della coscienza. È forse per questa ragione che, comunque, non si può mai essere completamente insoddisfatti di un film della Denis. Ci colgono di sorpresa alcune felici intuizioni e la sua capacità di avvicinarsi all'intimo dei personaggi scandagliati tra le pieghe di un primo piano o di una improvvisa vertigine.

    La Denis è attiva fin dal 1971, soprattutto con produzioni destinate alla televisione, brevi cortometraggi e documentari che solo nel 1988 le avrebbero permesso di arrivare al grande schermo con Chocolat che nel 1989 è presente a Cannes. Questa sua prima opera costituisce la conferma delle premesse. Sguardo privato e fortemente autobiografico, passioni segrete e represse si accumulano lungo lo svolgersi della vicenda del film. Eppure la Denis non lavora mai prosciugando la propria materia, anzi, viceversa appesantandone il senso, il suo non può dirsi uno sguardo leggero sulle cose, il suo filmare è denso con la pretesa della massima partecipazione da parte dello spettatore. Si tratta, in fondo, di un conseguente corollario della propria espressione. Lo spettatore ha accesso ad un mondo quanto mai privato, ai limiti del segreto, nel quale condividere codici e segnali, quanto più alta sarà la sua partecipazione e la sua complicità all'interno di queste coordinate della coscienza, tanto più potrà essere viva e ricca la compartecipazione emotiva, sempre segreta, con il cinema di Claire Denis. Autobiografismo estremo, quindi, non di fatti o circostanze, tempi e luoghi nei suoi film restano quasi esclusi, marginali, basti ripensare alle ruvide immagini di Beau travail (1999), liberamente ispirato al melvilliano "Billy Bud" in cui l'attenzione per i corpi dei protagonisti, di Denis Lavant su tutti, per comprendere, che il come e soprattutto il dove per la Denis abbiano una relativa importanza. Qui la vicenda si svolge in un luogo immobile e devitalizzato, una Gibuti di inizio secolo in cui emergono solo i tratti pesanti di una storia tutta al maschile che, forse, riesce a coprire a mala pena, nel vero senso di un hard movie, una volontà di sguardo che non può essere che tutta e completamente femminile. Sullo stesso versante, ma ancora più densamente intimo in un accelerato personalissimo autobiografismo si colloca Vendredi soir (2002) in concorso alla ultima mostra veneziana. La visione conferma il percorso della Denis e dimostra, ancora una volta, di quanto e come, l'analisi autobiografica per l'autrice lavori all'interno di codici del tutto estranei a quelli correnti.

    Sotto questa prospettiva si profilano i contorni delle poetiche della Denis, che per vocazione resta un personaggio appartato, quanto vitale, sfuggente a qualsiasi catalogazione che apparirebbe restrittiva e comunque inadeguata.
    (Tonino De Pace, www.sentieriselvaggi.it)

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