"Butterfly Zone – Il senso della farfalla", di Luciano Capponi

butterfly zone luciano capponiOperazione più sfrontata che coraggiosa, Butterfly zone esibisce la propria diversità rispetto al panorama cinematografico italiano. Ma il film, che pure ha vinto il Meliés d'argento al Fantafestival del 2009, soddisfa più le velleità del suo autore e demiurgo che la fame di quel pubblico che in questi anni ha apprezzato il fantasy di origine anglosassone.

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butterfly zone luciano capponiVladimiro ha appena perso il padre, enologo e stravagante scienziato (ben interpretato da Francesco Salvi), il cui lascito è una prodigiosa annata del suo vino Caresse du roi. Recuperato il vecchio amico di infanzia Amilcare, i due assaggiano una bottiglia e si ritrovano in una stralunata realtà alternativa che poi scopriranno essere l’aldilà. Da qui riportano per errore nel mondo dei vivi un pericoloso serial killer, attirando l’attenzione di una misteriosa setta e di servizi segreti deviati.

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In Italia ci sono film che sembrano feudi, spazi cinematografici “signoreggiati” dalla personalità forte dell’artista, in opposizione al metodo americano della compartimentazione delle competenze professionali. In questi film, la bandiera della libertà e del controllo d’autore non campeggia su uno spazio cinematografico forgiato da precise coordinate poetiche ed estetiche, ma piuttosto sul campo giochi della creatività del maestro di turno. Luciano Capponi, autore teatrale, televisivo, compositore, con un romanzo all’attivo, di Butterfly zone oltre che regista è autore del soggetto, della sceneggiatura e delle musiche. Il film, più che un tentativo di cinema di genere, appare come l’espressione capricciosa dello spirito del suo autore (che si ricava la parte improvvisata di una macchietta gay), fatto di gusto camp, di una compiaciuta e forbita manipolazione del linguaggio nei dialoghi – a cui si accompagna una controtendenza alla coprolalia – e di un filosofare piuttosto confuso.

L’idea di varcare il confine dimensionale con l’aldilà grazie a un sorso di vino poteva essere la premessa per una variante “italica” o mediterranea del Fantasy. Ma il film manca dei presupposti cardine di questo pur sfuggente genere. In primo luogo la capacità di creare mondi che, per quanto fantasiosi, abbiano una loro coerenza e delle caratteristiche definite; l’intreccio più thriller, relativo al serial killer e a fanta-complotti distopici, è del tutto lacunoso. Lo stesso regno dei morti non ha una funzione narrativa precisa e i due protagonisti – Pietro Ragusa e Francesco Martino, facce ben scelte e ben assortite – lo attraversano più che altro con la curiosità disinteressata dei turisti in gita.

Il collante di questo patchwork di generi e toni sembra essere allora il passo sghembo dell’ubriacatura: specialmente le sequenze oniriche ne riprendono le ellissi alcoliche e le pause stordite. Ma l’abbandono di un solido impianto in favore della stravaganza narrativa pura non è pienamente compensato. Pochi sono i momenti visionari (come la scena dell’albergo verso la fine, ormai fuori tempo massimo); più spesso è surrealismo di maniera. Nonostante il simbolo scelto sia la farfalla, il film non si libra in voli fantastici ma rimane ancorato alla grevità di certe interpretazioni troppo cariche e teatrali (i tanti personaggi minori) e a una narrazione farraginosa che indica molti percorsi senza attraversarne alcuno.

 

Regia: Luciano Capponi
Interpreti: Pietro Ragusa, Francesco Martino, Alessandra Rambaldi, Damir Todorovic, Giorgio Colangeli, Armando de Razza, Barbara Bouchet
Distribuzione: Borgo dello Spettacolo
Durata: 100'
Origine: Italia 2009
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