25 anni senza Gianni Amico

Il 2 novembre 1990 moriva il regista, sceneggiatore, attore ma soprattutto organizzatore culturale la cui opera è stata indissolubilmente legata al Brasile

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2 novembre 1990, muore Gianni Amico. Regista, sceneggiatore, attore, però soprattutto organizzatore culturale. La sua opera è indissolubilmente legata con il Brasile, di cui lui era divenuto amato ambasciatore culturale. 25 anni dalla sua scomparsa, (quasi) dimenticata qui, rispettato ancora nel Nuovo Mondo.

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«[…] Per noi, più importante che la dimensione artistica di Gianni era la dimensione affettiva: il grande legame spirituale e di amicizia che lui aveva con il Brasile, con noi. La grande percezione del valore e dell’originalità dell’arte brasiliana. È stato un grande amico di Glauber, di Caetano, mio e di tanti. Amici. Amico… Gianni.». Per descrivere e commemorare la poliedrica figura artistica di Gianni Amico è giusto partire da queste limpide ed emozionanti parole di Gilberto Gil. Un’allegra dichiarazione, venata anche di profonda saudade, che proviene dal documentario Gianni l’ho visto così (2002), realizzato della moglie Fiorenza Amico, una delle poche iniziative italiane che, in questi venticinque anni, hanno cercato di rendere degnamente omaggio ad Amico. In Italia è un personaggio pochissimo (ri)conosciuto, e le sue opere sono finite quasi tutte nell’oblio della memoria; in Brasile, invece, il suo nome (e la sua opera) sono ancora amate, rispettate e ricordate (è sufficiente guardare l’archivio della Cinemateca Brasileira, per valutare la riverenza memoriale che hanno ancora verso di lui). Però, come sottolinea Gilberto Gil, la peculiarità “artistica” di Amico era proprio il livello umano, il suo modo di costruire interessanti progetti e durature amicizie. Gianni Amico, nella sua “hemingwayana” carriera (regista, sceneggiatore, produttore, attore, direttore della fotografia) è stato soprattutto un solido ponte culturale tra il Brasile e l’Italia. Adesso, tracciare filologicamente la sua rocambolesca carriera in una manciata di battute è impresa quasi improba, però è necessario, almeno, vergare velocemente alcune delle sue tappe fondamentali, proprio per rinverdire il suo variegato e prezioso lavoro di divulgazione culturale.

gianni amico2Gianni Amico nasce a Loano (Savona) il 27 dicembre 1933, in quella regione che ha dato i natali a diversi cinephile italiani (ad esempio Marco Giusti, Tatti Sanguineti, Enrico Ghezzi). Non ancora trentenne, nel 1960 può collaborare, in veste di produttore, alla pellicola Era notte a Roma di Roberto Rossellini, nume tutelare del suo stile registico a venire. Nel medesimo anno comincia a ricoprire il ruolo che gli è più congeniale, cioè quello di organizzatore culturale. Assieme a Padre Angelo Arpa idea e cura la Rassegna del cinema Latino americano (1960-1965), primo spazio europeo che da la possibilità di poter visionare il cinema sconosciuto del Nuovo Mondo. In particolare, è un mirabile modo di poter saggiare il Cinema Novo, la rivoluzionaria Nouvelle Vague brasiliana. Sono cinque anni di gestione economicamente difficili però di grande esito, che consentono ad Amico di relazionarsi già con diversi esponenti della cinematografia brasiliana, su tutti il terrorista Glauber (Rocha).

Nel medesimo periodo Gianni Amico comincia a realizzare le sue prime regie, che già marcano le sue passioni ideologiche: la politica e la musica. Terminata tristemente la rassegna sul Cinema Americano (anche a causa del Golpe Militare in Brasile), Gianni Amico, finanziato dalla Rai, parte per il Brasile per realizzare dei documentari sulle realtà culturali e sociali del paese. Tre documentari che attingono prepotentemente dalla lezione didattica rosselliniana e cercano di calcare le idee tracciate da Os dois Brasis di Jacques Lambert, riverito saggio che analizzava i “differenti Brasile”. I documentari sono: Ahi vem pra Samba (1966) è un medio metraggio antropologico sulla musica brasiliana; Giovani brasiliani (1967) è incentrato su temi sociali; Tropici (1967), la sua opera più nota, un documentario/fiction che affronta, attraverso il road movie (o pedinamento zavattiniano?), la difficoltosa storia di una famiglia povera in cerca di lavoro. Tre documentari che, però la Rai non supporta, e finiscono nell’oblio delle sue immense e tetre teche. Tornato in Europa, Gianni Amico aiuta (e si diverte) a collaborare con tre dei suoi storici colleghi: Bernardo Bertolucci, Glauber Rocha e Jean-Luc Godard. In questo stravagante 1970, Amico recita ne Il conformista (nel perfetto ruolo di compagno anarchico); co-sceneggiare dell’esperantico Der Leone Have Sept Cabeças; è assistente alla regia nel folle western comunista Vento dell’Est. Nelle due decadi degli anni Settanta e Ottanta Gianni Amico lavora alacremente per la televisione di Stato, realizzando documentari, mini serie o clip culturali/musicali. Opere che sono prettamente per il piccolo schermo, ma in cui Amico, nel possibile, stilla le sue bordate anarchiche. Di rilievo, tra queste opere, la pregevole trasposizione da Goethe de Le affinità elettive (1978).

tropiciNel 1983 avviene la più grande e meritoria opera organizzativa di Amico, vero canto del cigno del suo essere ambasciatore – privilegiato – del Brasile. Per l’annuale evento Estate Romana, il sindaco Luigi Petroselli e Gianni Amico decidono di portare a Roma, per dieci giorni, la Samba, con tutti i suoi umori e aspetti antropologi. Dentro un clima caldo e passionale, nell’Arena di Massenzio si esibirono i più grandi autori di musica brasiliana (Gil, Veloso, Nascimiento, Elis Regina e altri), e questo indimenticabile evento venne anche immortalato in Bahia de todos os Sambas, documentario che, a causa di problemi economici, venne presentato solamente al Festival di Venezia del 1996, e fu dedicato – giustamente – a Gianni Amico.

Gravemente malato, ma ancora pienamente al lavoro (stava realizzando un documentario su Django Reinhardt), Amico muore il 2 novembre 1990. Al funerale, oltre a tutti i colleghi critici italiani, partecipano anche alcuni dei suoi amici brasiliani, venuti appositamente per salutare il loro amico. Dimenticato quasi velocemente, la carismatica figura di Gianni Amico viene ricordata amorevolmente da Godard nelle sue Histoire(s) du Cinéma (1995), a cui JLG gli dedica l’intero capitolo sul cinema italiano; Gianni Amico sineddoche culturale (non rispettata) del nostro paese.

                                                                                                  Roberto Baldassarre

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