SPECIALE "NEMICO PUBBLICO" – Zoom Out

christian bale
Sei colpi, Sei pezzi (facili?), Sei frammenti. Sei ipotesi di lettura (e scrittura) intorno all'ultimo Mann, un tentativo di ricomporre ri-frammentandolo il mosaico di stimoli di cui si compone Nemico Pubblico e il cinema tutto di questo autore. Linee Rette, Appunti, Note (di Banjo), possibilità sociali(ste?), hit et nunc.

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di Carlo Valeri e Sergio Sozzo

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christian bale - nemico pubblicoAppunti (I)

Prima di tutto. Frustrazione. O avvilimento egotistico. È l'imbarazzo critico al cospetto di un film forse ingiudicabile per grandezza. Public Enemies come summa teorico-emotiva di tutto un cinema amato/desiderato da vent'anni a questa parte. Quanto è difficile parlare veramente di ciò che ci fa amare il cinema e/o i film! Ci eravamo già passati tre anni fa, sempre con Mann, a proposito di Miami Vice… dove quasi per arrendevolezza del Critico (non) come Artista rinunciammo a uno speciale che l'intera redazione avrebbe voluto (temuto?) fare. E adesso eccoci qui, di nuovo alle prese con Michael Mann. Tentando la forma breve della frase spezzata. Appunti sparsi per un progetto di lettura e scrittura. Il Cinema – almeno quello – è ben saldo. Sopra le nostre teste. Davanti ai nostri occhi.

Ten Million Slaves

Che è un traditional che parla di Mosé che porta via gli schiavi attraverso il Mar Rosso: la versione che Mann utilizza, la prima volta con l'entrata in scena di Melvin Purvis, e successivamente durante una rapina di Dillinger & Soci, è quella re-incisa da Otis Taylor per il suo album Recapturing the Banjo – dialogano un banjo, e una chitarra elettrica che ripete reiteratamente il riff country-blues che poi ritornerà in sottofondo, anche senza parte vocale, in altri momenti del film (ad esempio la passeggiata nelle stanze del "Dillinger Squad"). La valenza simbolica dell'aspetto musicale è anche sin troppo "esplicita": eppure c'è da segnalare come Dillinger si trovi più volte al pari del Patriarca ad ostinarsi a non voler lasciare andarjohnny deppe i propri "fedeli": stringe la mano a Walter Dietrich morente, il cui corpo sta essendo trascinato dall'auto in fuga; non dà retta agli oscuri presagi dell'amico Red, che si sente giunto "alla fine dei suoi giorni"; e, ovviamente, torna a Chicago per Billie. John Dillinger si porta addosso l'America, e alla fine è costretto a lasciarsela dietro. Sun goes out, you'll be standing, you'll be standing, all alone. Estremizzando: i dieci milioni di schiavi sono anche i dieci milioni di fotogrammi in cui Mann fa a pezzi i corpi, i volti, i gesti, le azioni, le parole – questo è l'unico modo ancora possibile di raccontare una (la) Storia. Sopravvivono meglio gli oggetti, le armi, il pendente con la foto di Billie, il sigaro di Purvis, lettere, mazzi di chiavi. Le canzoni.

Hic et Nunc

Il cinema di Mann continua ad annullare sempre di più le distanze tra il tempo e lo spazio. Non c'è più un prima e un dopo, c'è sempre il “durante”. Tutto è incessantemente girato al tempo presente. “Vogliono farci cotillardcapire che è adesso” dice Rico in Miami Vice davanti al filmato della compagna sequestrata e legata a un televisore. In Public Enemies, però, il presente è un presente storico, che ha tutta l'astrattezza del viaggio nel tempo. Come se Mann e Dante Spinotti avessero deciso di catapultarsi con le loro macchine da presa HD in un mondo passato in tempo reale. Ecco allora che forse, se c'è un cineasta del passato accomunabile al regista di Insider e Collateral, non è tanto Hawks, o Ford, né tantomeno Eastwood ovviamente (sebbene legami con il penultimo Changeling qui non manchino) ma Rossellini. Si vedano in proposito anche le ormai proverbiali sospensioni interne al racconto, intrise di una quotidianità quasi ipnotica. Progetti di vita reale (con le sue derive) all'interno del “genere”. Il decentramento di inquadrature e formati come decentramento anticlassico (modernista?!) dentro la tradizione del cinema americano.

La linea retta

Le timeline sono implacabili: quella della Storia, quella della Cultura, quella del Progresso (tecnico, scientifico, politico…). Vanno in linea retta, e in un'unica direzione – avanti. Pretty Boy Floyd muore tra i campi di mele. John Dillinger muore all'uscita di un Cinema. In mezzo, le leggi regionali diventano interstatali, in edicola cominciano a vedersi riviste cchristian baleome True Detective, e Edgar J Hoover inventa l'FBI dotandola della Stanza del Futuro, intermittente di mille lucette misteriose, bottoni del potere, puntine che incidono le intercettazioni sui dischi, e cartellini con su scritti i nomi come all'obitorio. John Dillinger, lui no, non avanza in linea retta. Va piuttosto zigzagando (e Mann/Spinotti con lui), a scatti sempre più brevi, veloci, nervosi, letali: fa poche curve, non gira intorno (il controcampo è morto), tiene la testa bassa e lo sguardo fisso di fronte a sé (parla anche a bassa voce, mugugnando, a denti stretti – già il volume delle sue parole lo caratterizza come presenza inafferrabile). E' il Demone che hai paura di vedere anche con la coda dell'occhio (non è qui, non è qui per davvero), il fantasma di un'America trapassata che torna a tirare i piedi dei public enemies di Stato (e di Mafia). La linea retta, quella appartiene all'Angelo Bianco della Morte, Charles Winstead: è la Linea della Storia, di nuovo implacabile. E non si ferma, non è possibile che lo faccia: con una piroetta evita i proiettili di Dillinger, poi scompare nel nulla del bosco notturno. Quando ricompare, ferma la mano dello sbirro dal cui pugno chiuso per colpire Billie Frechette è nata l'America: e poi, facendosi largo tra la gente che pare ostacolarlo in ogni modo, porta al termine l'esecuzione. Charles Winstead, la linea retta, chiude dietro di sé la porta della stanza per i colloqui in cui ha portato il messaggio a Billie, e una volta consegnatolo, chiude il film.

Socialismo?

Possibilità di un Mann (da sempre) politico. Mai come stavolta la dualità della sfida viene risolta visceralmente a favore del criminale. John Dillinger eroe anarchico post-socialista, che non accetta il denaro dei cittadini perché preferisce quello delle banche. Fascinazione erotica di Dillinger verso la classe operaia e contadina di un'America messa in ginocchio dalla Grande Depressione: la folla che lo celebra al momento del suo arresto, la donna con il bambino che a inizio film chiede al criminale di portarla con sé, ma anche Billie john dillingerFrechette eroina protofemminista, volto pesto che ripudia il Potere. Dillinger è dentro il Popolo. Quanta inerzia devono superare gli agenti di Hoover prima di eliminarlo davanti al Biograph! Verità inconsce che si fanno segno sociale di suggestioni possibili: la gente che esce dal cinema si frappone tra Dillinger e gli sbirri? Questi ultimi si “vergognano” di ammazzare Dillinger? Abisso statico che segna la fine di un'America e l'inizio di un'altra. Fino ai colpi assordanti delle pistole della Legge. Bye bye socialism.

Appunti (II)

Signore, la prego, mi porti via con sépiù meno intorno al primo quarto d'ora di film. Poi, all'incirca a metà pellicola, un arrivo del treno alla stazione che digitalizza spacconescamente i Lumière (non a caso, da quel treno scende la Storia, ovvero Winstead – leggi sopra). E subito prima della fine, una gita sulla Luna per Dillinger e Billie, unici esseri umani rimasti sulla Terra, dispersi in un abbraccio in un paesaggio extraterrestre ("dove andrò io è molto più lontano di Cuba").

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