(doc) “Inside Job”, di Charles Ferguson


Quello di Ferguson è cinema politico nel senso più alto del termine, un reportage sul campo dissestato e nebbioso delle nostre democrazie. Il regista americano sceglie di non mostrarsi mantenendo uno sguardo distaccato e clinico che fa emergere i più perversi meccanismi finanziari alla base del crollo rendendoli comprensibili all’opinione pubblica. Oscar nel 2010 come miglior documentario, esce direttamente in dvd per Feltrinelli Real Cinema in un’edizione con libro allegato

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Inside JobCi sono immagini che restano impresse nell’inchiesta condotta da Charles Ferguson per ricostruire le cause della bolla speculativa scoppiata nel 2008 negli Stati Uniti: le tendopoli improvvisate da cittadini rimasti senza lavoro o senza casa, tirate su accanto agli immobili (spesso interi isolati) colpiti da pignoramento; o il disegno di una petroliera, metafora di disarmante semplicità per esprimere l’instabilità intrinseca del mercato finanziario e la necessità di quegli “scompartimenti” di sicurezza introdotti dopo la Grande Depressione che la deregulation iniziata con Reagan ha progressivamente eliminato. Permettendo che una falla in un singolo settore si propagasse come un’onda infetta portandosi via l’equilibrio economico mondiale. È a una tremenda onda d’urto che somiglia la crisi che nell’autunno del 2008 ha travolto l’Islanda, punto di partenza dell’attenta analisi di Ferguson: un’oasi felice con una tasso di disoccupazione tra i più bassi del mondo, dove alle banche è stato progressivamente permesso (grazie alla privatizzazione e a un’irresponsabile politica di deregolamentazione) di contrarre debiti per un ammontare pari al 900% del prodotto interno lordo. Il caso islandese sta a dimostrare che la catastrofe del 2008 non fu un incidente, ma il prodotto inevitabile di un’industria finanziaria fuori controllo. Criminosamente fuori controllo. Fa nomi e cognomi dei responsabili il matematico divenuto milionario dopo aver venduto alla Microsoft la sua invenzione, Vermeer Tecnologies, e da allora datosi al cinema. In No End in Sight (2007), dettagliato resoconto della disastrosa invasione dell’Iraq, come in Inside Job, che gli è valso l’Oscar come miglior documentario nel 2010, quello di Ferguson è cinema politico nel senso più alto del termine, un reportage sul campo dissestato e nebbioso delle nostre democrazie, efficace e impietoso nello smascherare le crepe di un sistema corrotto e malato.
Se Michael Moore scagliava sul governo di Wall Street la propria ingombrante forza mediatica, raccontando la crisi dal basso e avvicinandosi, anche emotivamente, a coloro che ne hanno subito drammaticamente gli effetti, Charles Fergurson sceglie invece di non mostrarsi mantenendo uno sguardo distaccato e clinico che fa emergere i più perversi meccanismi finanziari alla base del crollo rendendoli comprensibili all’opinione pubblica. Parla poco, ma fa parlare parecchio, attraverso dati analitici, statistiche e grafici, interviste a economisti, esperti e profeti inascoltati. A essere eloquenti non sono solo le parole spese sul rapporto malato tra finanza privata e cosa pubblica, ma anche e soprattutto i silenzi, il rifiuto di fornire spiegazioni di fronte a frodi spudorate (come quelle commesse dalle agenzie di rating, che hanno continuato a classificare con una tripla A società finanziarie sull’orlo del fallimento) o a macroscopici conflitti d’interesse (il caso, tra i tanti, di Glenn Hubbard, consigliere economico di George Bush e preside della Columbia Business School). La parata delle medesime facce che cambiando semplicemente ruolo (ora ministri, ora manager, ora professori universitari) da oltre vent’anni ricompaiono nei ruoli chiave sotto ogni Amministrazione, compresa quella di Obama, è la conclusione perfetta di quest’amarissima lezione sulla debolezza della politica; lezione che obbliga gli spettatori a interrogarsi sull’urgenza di riformare un sistema che continuerà a causare nuove crisi.
 
 
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L’edizione Feltrinelli Real Cinema
 
Ulteriori approfondimenti sulla genesi del documentario e sulle tesi che vi vengono esposte si possono trovare nei contenuti speciali del dvd (la realizzazione di Inside Job), con interventi dello stesso Ferguson e di alcuni economisti che avevano predetto la crisi. Allegato all’edizione Feltrinelli Real Cinema c’è anche un volume di 120 pagine strutturato in due parti. La prima contiene alcuni contributi critici, i profili dei protagonisti della crisi, un glossario della finanza e la cronologia degli eventi che hanno condotto alla bolla speculativa. La seconda parte riporta un’interessante guida per gli insegnanti che intendono far proiettare il film nelle scuole redatta da Frank Partnoy, professore di Diritto all’Università di San Diego, che propone diversi strumenti per far comprendere agli studenti le implicazioni e le conseguenze che i meccanismi dell’alta finanza hanno nella vita quotidiana dei cittadini. Concludono il volume due estratti: L’enigma del capitale dall’omonimo saggio di David Harvey (Feltrinelli, 2011), assaggio del pensiero neomarxista del politologo britannico, e Pandemie globali da La crisi non è finita (Feltrinelli, 2010) di Nouriel Roubini e Stephen Mihm, che indica alcune delle misure fondamentali da prendere per uscire dalla crisi in modo stabile. Roubini, uno dei più autorevoli economisti internazionali, compare anche nel documentario di Ferguson tra la varie personalità intervistate: fu una delle poche voci che già dal 2006 tentarono di mettere in guardia su un possibile imminente crack dell’economia mondiale.
 
 
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