“Innocenti bugie”, di James Mangold
Con James Mangold viaggi per il mondo e attraversi gli immaginari cinematografici senza accorgerti di lambire i miti classici dell'universo filmico. Quasi come se fossi stordito, drogato e in una condizione di sonno-veglia, in cui, magari, con qualche secondo di ritardo, scopri affianco a te, True Lies, 007, Collateral, l'azione pura che ricorda i passati inseguimenti, trascorse tentazioni comiche e commedia sentimentale. Cinema noto e familiare (forse troppo), continuamente riscoperto e arricchito
La spia internazionale Roy Miller (Tom Cruise) deve difendere una scoperta scientifica sconvolgente che potrebbe rivelarsi la chiave dei problemi energetici del pianeta. È costretto sul suo cammino a coinvolgere un'affascinante quanto ignara ragazza (Cameron Diaz), incontrata per caso su un volo aereo. Con James Mangold viaggi per il mondo e attraversi gli immaginari cinematografici senza quasi accorgerti di lambire i miti classici dell'universo filmico. Quasi come se fossi stordito, drogato e in una condizione di sonno-veglia, in cui, magari, con qualche secondo di ritardo, scopri affianco a te, True Lies, 007, Collateral, l'azione pura che ricorda i passati inseguimenti, trascorse tentazioni comiche e commedia sentimentale. Nelle prime sequenze, Tom Cruise, sembra ripartire da quel vagone metropolitano in cui nessuno nota la sua lenta agonia: ha lo stesso sguardo, i capelli non più ingrigiti, ci ricorda l’attore muto e assorto, gravato di immagini e di meditazioni, e tutta la sua forza, la forza di chi sa agire, pensa. Il corpo di Tom Cruise sembra farsi ogni volta di più cranio e il sangue delle vene cervello. È sempre più l’attore che nessuno ammetterebbe di voler essere. Quando lo vedi passare sai che ogni uomo è per se stesso un’identità, un assoluto isolato che corrisponde a un universo di assoluti isolati. Un’immagine, Tom Cruise è l’immagine. James Mangold, attraverso Tom Cruise, o viceversa, scopre il cinema che non è un’interpretazione, non può essere un’opinione parziale di quello che dovrebbe essere la natura, ma una rivelazione, un riconoscimento assoluto e personale del significato dei fatti.
Magnifica stratificazione, in cui il regista, si fa anima contemporanea dello sguardo perso nel vuoto, fuori fuoco a volte, dello sguardo ritrovato per un istante, per poi ricadere verso il cuore. Il suo respiro lo senti scivolare sui corpi, allora filma la lontananza (dove non sei intercettato, dove sei per un istante veramente al sicuro), difendendo la profondità. Ma è profondità frammentata, perché anche quando prova a seguire il percorso lineare del cinema d'azione, cede ai richiami del divenire, dello spazio in movimento impercettibilmente nervoso, che appare prossimo, ma si perde in fondo agli occhi, come gabbie del destino o della fortuna. Senti, senza avvertire, impronte quasi immateriali, senza spessore che da pesantezza, quelle dei fantasmi western, dell'anima country, delle identità multiple. James Mangold dipinge e schizza e quasi non si accorge di girare anche quando lascia disseminati messaggi su “postit”, o intercetta dal satellite l'isola felice di Amapola Road (dove vivono i genitori di Roy Miller, nome in codice). Una favola senza morale e senza senso, quasi, o a doppio senso ad estensione variabile: la storia d’amore è la storia del cinema o le storie di cinema sono storie d’amore, storia di un incontro solo per una volta riuscito con le storie del suo secolo. Cinema noto e familiare (forse troppo), continuamente riscoperto e
Interpreti: Tom Cruise, Cameron Diaz, Peter Sarsgaard, Viola Davis, Paul Dano, Maggie Grace, Jordi Mollà, Liam Ferguson, Alex Revan, Dale Dye
notevole