"Figli delle stelle", di Lucio Pellegrini

giuseppe battiston figli delle stelleLucio Pellegrini narra una storia comica e corale, che ha il sapore di una volta, di quelle commedie che tanto facevano ridere, ma lasciavano anche spazio alla riflessione e che, da tempo, mancano nel cinema nostrano. Un film dal sapore fortemente dolceamaro, un po' come Tenco, un po' come gli amanti di Alan Sorrenti.

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Giuseppe Battiston in una scena di Ragazzo mio, un giorno ti diranno che tuo padre
aveva per la testa grandi idee, ma in fondo, poi….
non ha concluso niente […]
non devi credere, no, no, no non invidiare
chi vive lottando invano col mondo di domani
(Ragazzo mio, Luigi Tenco)

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Come nella canzone di Tenco, i protagonisti di Figli delle stelle sono personaggi che hanno “per la testa grandi idee”, personaggi che lottano con il presente, incerti riguardo al loro futuro, ma che, nonostante tutto, non si arrendono. L'idea di rapire un ministro e devolvere i soldi del riscatto alla vedova di una delle tante vittime del lavoro, che a volte purtroppo non trovano spazio neanche nella fatidica “pagina quattro” del giornale, si trasforma ben presto in una rocambolesca avventura. Un operaio di Marghera (Fabio Volo), un ex-detenuto dall'animo sensibile (Paolo Sassanelli) e un prof. di educazione fisica che si ritrova a servire patatine all'Autogrill (Pierfrancesco Favino) partono già con il piede sbagliato, rapendo un semplice sottosegretario (Giorgio Tirabassi), anche lui un sognatore, forse ancora più degli altri. Al mix, tra mille sbagli e rocambolesche situazioni, si aggiungono il cugino-compagno Bauer (Giuseppe Battiston), precario assistente di sociologia, e Marilù (Claudia Pandolfi), una giornalista che si lascia coinvolgere un po' troppo dai “casi disperati” che porta in trasmissione.

Una storia comica e corale quella narrata da Lucio Pellegrini, come nella miglior tradizione della commedia all'italiana, ma anche di tanto recente cinema americano indipendente. Una storia che trova la sua forza nel cast, tutti attori che abbracciano perfettamente i loro personaggi, dall'accento ciociaro di Favino alle fissazioni ideologiche di Bauer-Battiston, portandoli in vita con particolare vividezza e permettendo allo spettatore di vedere oltre la superficie del corpo (o in questo caso corpo-voce) comico. È soprattutto nel cambiamento di ambientazione, dalla caotica Roma dell'Esquilino alle bianche montagne della Valle d'Aosta, che alla vena comica si accompagna sempre più un senso di solitudine e di amarezza. È nel confronto con il cinico microcosmo di provincia (fatto di imperdibili personaggi-caratteristi come il gestore del supermarket dal grilletto facile, l'ex-campione olimpico di bob e l'avvinazzato custode dello stabile) che le storie dei protagonisti s'intrecciano sempre di più, si svelano, facendo emergere la loro insoddisfazione nei confronti del presente, le loro insicurezze verso un futuro quantomai incerto, a cui il bianco e il silenzio delle montagne fa da correlativo oggettivo. Il passato è, invece, una sorta di rete di sicurezza: gli abiti un po' vintage e i vecchi successi, sui cui ballano come fossero dei liceali imbranati, sono l'unica certezza, a tratti fin troppo invitante. Ma i nostri eroi vanno avanti, non si arrendono e continuano a sognare, fedeli a loro stessi fino alla fine e, soprattutto, al finale, poetico tanto quanto Ragazzo mio. Un po' come i suoi personaggi, il film di Pellegrini ha il sapore di una volta, di quelle commedie che tanto facevano ridere, ma facevano anche riflettere e che da tempo mancano nel cinema nostrano, tranne qualche rara eccezione. Un film dal sapore fortemente dolceamaro, un po' come Tenco, un po' come gli amanti di Alan Sorrenti.
 

 

Regia: Lucio Pellegrini
Interpreti:
Pierfrancesco Favino, Fabio Volo, Giuseppe Battiston, Claudia Pandolfi, Paolo Sassanelli, Giorgio Tirabassi
Distribuzione:
Warner Bros. Pictures Italia
Durata:
102’
Origine: Italia, 2010

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