"La donna della mia vita", di Luca Lucini


Lucini sguazza spudoratamente negli stereotipi più riconoscibili del nostro Paese, ma lo fa con programmatica leggerezza e servendosi di una scrittura scevra di ogni vacuo moralismo.
Forse è proprio questo il senso degli ultimi due film del regista: gettarci nei luminosi meandri di una frizzante e superficiale inverosimiglianza,una rediviva “cura Ludovico” che ci inchioda ad una soggettiva kitsch

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Luca Argentero e Valentina Lodovini in La donna della mia vita

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Luca Lucini si muove  nei territori di un modernariato cinematografico che tenda a rivitalizzare generi e sottogeneri considerati quasi estinti. Accetta in toto –  una vera rarità per l’italica ossessione d'auteur  – il ruolo di regista “mettitore in scena”, epurato da ogni nervatura autoriale. In questo senso il rutilante e consapevolissimo girare a vuoto del precedente Oggi Sposi era sembrato quasi un manifesto programmatico, ma ora il tutto si conferma con più forza e consapevolezza in quest’ultimo La donna della mia vita: una sorta di attualizzazione spinta della classica commedia degli equivoci – che trova il suo illustre antenato nella commedia dell’arte – ma che strizza l’occhio più alla screwball comedy americana anni ’50 che non alla nostrana Commedia all’Italiana. Gli equivoci quindi: Leonardo (Luca Argentero) è un timido ragazzo che crede nell’amore fino a sfiorare il suicidio, ha un fratello (Giorgio, Alessandro Gassman) che è un latin lover quarantenne sposato e munito di una serie di amanti più giovani; sono entrambi figli di Alba (Stefania Sandrelli) madre chioccia con l’ossessione tutta shakespeariana per manovrare i destini della sua prole, ma hanno padri diversi e anch’essi muniti di amanti d’ordinanza (e qui, menzione speciale per un sublime Giorgio Colangeli). Poi c’è Sara (Valentina Lodovini), una ragazza che fa riinnamorare Leonardo, ma che deve dimenticare Giorgio di cui era a sua volta follemente innamorata. E infine c’è un fantomatico nascituro, Ludovico, la cui soggettiva apre e chiude il film. Il tourbillon delle maschere può avere inizio.

Siamo a Milano, immersi nella media borghesia industriale, nel cuore produttivo dell’Italia odierna (in quello che viene da più parti sbandierato come “il motore del Paese”) e ci occupiamo di Famiglia. L’universo dei media come onnipresente genitore, con Alba che parla addirittura attraverso lo schermo TV con l’ex marito inviato del TG in Afghanistan, ma  che cova un sogno segreto: presentare in smoking una serata degli Oscar! Insomma, Lucini sguazza spudoratamente negliLa famiglia riunita ne La donna della mia vita stereotipi più riconoscibili del nostro Paese, ma lo fa con programmatica leggerezza e servendosi di una scrittura scevra di ogni vacuo moralismo che, alla lunga, riesce agevolmente a reggersi sulle proprie gambe. A giustificare se stessa, insomma. L’intento è quello di dialogare amabilmente solo con il ludus spettatoriale risvegliando giochi cinematografici consueti e familiari, ma attualizzandoli con una frammentazione di storie e personaggi. Forse è proprio questo il senso degli ultimi due film di Lucini: gettarci nei luminosi meandri di una frizzante e superficiale inverosimiglianza di situazioni, fornendo un goliardico controcampo a ciò che pullula intorno a noi. Ecco che in un panorama dominato da croniche crisi, governi in bilico, cinema italiano in ginocchio, tagli al fondo unico per lo spettacolo, sacrosante proteste e red carpet festivalieri occupati…in mezzo a tutto ciò…si piazza la soggettiva del neonato Ludovico che apre e chiude La donna della mia vita come una infantile parentesi/cinema. Viene allora da chiedersi se non ci trovassimo già tutti là: tutti incastonati in una rediviva “cura Ludovico” kubrickiana che ci inchioda ad una soggettiva kitsch, dalla quale non riusciamo più a scorgere nemmeno il vecchio drugo Alex che ci guarda dall’altra parte dello schermo.

 

Regia: Luca Lucini

Interpreti: Luca Argentero, Alessandro Gassman, Stefania Sandrelli, Valentina Lodovini, Giorgio Colangeli, Sonia Bergamasco, Lella Costa, Gaia Bermani Amaral, Franco Branciaroli

Distribuzione: Universal Pictures

Durata: 96'

Origine: Italia 2010

 

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