"Scott Pilgrim Vs. The World", di Edgar Wright
Il volto di Michael Cera dovrebbe finire sulle t-shirt, magari quelle abitualmente indossate dai suoi strambi personaggi. Il suo sguardo ingenuo e stralunato è un'icona dell'amabile fragilità dei suoi coetanei. Scott Pilgrim è l'avatar con cui si muove in un mondo deformato dalla sua immaginazione di appassionato di videogame e di fumetti. Come in SuperMario, la posta in gioco è sempre il cuore di una ragazza: l'impresa impossibile di ogni geek
Michael Cera rischia seriamente di finire intrappolato nel ruolo di grown-up. Come è accaduto ad altri prima di lui (negli anni ottanta, a tutta la stirpe di attori lanciata da John Hughes), viene ormai da chiedersi cosa ne sarà del suo futuro professionale nel momento in cui non sarà più credibile nella sua età cinematografica abituale, compresa tra i diciotto e i venticinque anni. Purtroppo, congelarlo in questa fase della sua (e di riflesso, della nostra) vita è un'impresa impossibile anche per gli straordinari poteri del cinema. E' un vero peccato, perchè Michael Cera è ormai diventato un'icona, un volto che potrebbe finire persino sulle magliette, magari quelle che indossano i suoi strambi personaggi: il suo sguardo stralunato e ingenuo è l'immagine più fedele dell'amabile fragilità della sua generazione; la mancanza di coordinazione del suo corpo è l'incarnazione di una fisionomia adulta che è in aperto conflitto con una mentalità e un'affettività ancora infantili. Sotto molti aspetti, Scott Pilgrim Vs. The World rappresenta l'apice di tutta la sua carriera: non solo perchè – dal cast fino all'audace messa in scena – è un vero e proprio kolossal della commedia giovanile. E' soprattuto perchè il film di Edgar Wright mette in campo tutte le caratteristiche del genere e le scuote fino a tirarne fuori una versione deformata e ideale: infatti, il mondo di Scott Pilgrim non sembra mai reale. L'eroe si risveglia spesso da alcuni sogni, ma non si capisce mai fino in fondo qual è il limite che divide le due zone: così, quello di Ramona potrebbe persino essere preso come un personaggio inventato dalla sua fervida immaginazione di geek. Come nel bellissimo e inedito Youth in Revolt, il nostro eroe ha bisogno di un avatar per muoversi nel mondo come vorrebbe: nel film di Miguel Arteta era una sua gustosa versione disincantata e bohemienne; qui è un alias che esce fuori dai suoi schemi mentali, condizionati dalla passione per i videogame. Il filo conduttore tra i due film è evidente, non solo perchè vengono entrambi da due riferimenti letterari che sono diventati cult tra i giovani americani (il romanzo di C. D. Payne nel primo caso, il graphic novel di Brian Lee O'Malley in questo), ma perchè alla fine lo scopo è sempre lo stesso: conquistare il cuore di una ragazza, che è l'impresa impossibile per tutti quelli come Michael Cera. In Scott Pilgrim, la struttura è lettaralmente identica a quella di un arcade: la sua amata Ramona è prigioniera del suo fidanzato del passato, quasi come la Princess Daisy di SuperMario. Perciò il film
Regia: Edgar Wright