“The Green Hornet 3D”, di Michel Gondry

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Rogen, prima che un corpo da comedy che pare proveniente da un altro spaziotempo, è uno scrittore formidabile, e se non fosse per la coppia di protagonisti fuori-di-testa, e per la continua esasperazione del segno messa in atto come sgambetto reiterato alla formula, saremmo di fronte ad un superhero movie con tutte le componenti al posto giusto. Ed è proprio questa esuberanza del segno il punto d'incontro tra l'attore/autore e il cineasta Gondry

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seth rogen michel gondry green hornetSeth Rogen tenta con Michel Gondry l’operazione già riuscita con Strafumati, ovvero far “nobilitare” l’ennesimo micidiale script congegnato insieme al compare Evan Goldberg dalla firma e dall’acume di uno sguardo indie personale e stralunato, com’era appunto nel caso di Pineapple Express il David Gordon Green sino ad allora avvezzo ad elucubrazioni un po’ più seriose.
Rogen, prima che un corpo da comedy che pare proveniente da un altro spaziotempo, è uno scrittore formidabile (non a caso è come tale che viene osannato nell’album fotografico dell’amico Apatow, Funny People), che veramente rinnova la tradizione degli Aykroyd e dei Ramis (santificati da Gondry in Be Kind Rewind) con una modernità dirompente (vedere non solo SuXbad ma anche il semisconosciuto Drillbit Taylor scritto con John Hughes). Questo Green Hornet non si discosta davvero troppo proprio da Strafumati: non fosse per la coppia di protagonisti fuori-di-testa, e per la continua esasperazione del segno messa in atto come sgambetto reiterato alla formula, saremmo di fronte ad un superhero movie con tutte le componenti al posto giusto – la presa di coscienza del protagonista, il trauma infantile di cui un supereroe non può fare a meno, i gadget fantasiosi, il villain sciroccato di Christoph Waltz, la bella donzella Cameron Diaz.
Non manca nemmeno il meccanismo che è la vera cifra stilistica di Goldberg e Rogen, ovvero il continuo disinnesco della violenza attraverso un vero e proprio esorcismo della messinscena (Rogen becca mazzate praticamente in ogni sequenza, comprese quelle ‘romantiche’ con Cameron Diaz che lo prende a pugni), che sovente assume toni sin troppo sanguinolenti per una commedia scanzonata (la sequenza migliore di tutto il film è probabilmente la lunga e ‘fordiana’ scazzottata tra i due compari Britt e Kato, che tra piroette e calci volanti riducono in pezzi loro stessi, la loro amicizia, e la miliardaria villa del protagonista, fracassata gioiosamente in 3D).
Ecco, è proprio questa esuberanza del segno il punto d’incontro tra l’attore/autore (nonché produttore del film) e il cineasta

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seth rogen michel gondry green hornetGondry, che deve però rinunciare al ‘suo’ direttore della fotografia ‘americano’, Ellen Kuras, in favore dell’hollywoodiano John Schwartzman, uomo di fiducia di Jerry Buckheimer (sue le luci dei primi Michael Bay e del Mistero delle pagine perdute). Lo scarto non è di poco conto, ed è così che resta sostanzialmente e malauguratamente irrisolto il tentativo di Gondry di concepire il 3D come dispositivo di zoom in e non di zoom out, che non sporge al di fuori dello schermo ma si incunea nella prospettiva dell’inquadratura replicandone caleidoscopicamente i piani. Un po’ l’idea che stava dietro al videoclip realizzato per i Chemical Brothers, Let forever be, che torna alla mente soprattutto nelle sequenze di arti marziali (resta inteso che con Stephen Chow al timone sarebbe stato un altro film).
Green Hornet è anzi la regia di Gondry maggiormente vicina alle sue messinscene per videoclip (e in questo è forse un piccolo passo indietro nel percorso del visionario autore), che nelle sequenze che raccontano i bagordi dell’incosciente Britt Reid ritorna sui passi della Like a rolling stone stonesiana, e in una magnifica costruzione a split screen comunicanti ricorda il suo lavoro per A change would do you good di Sheryl Crow.
Nell’incrocio di riferimenti tra gli immaginari di Rogen e Gondry e le traiettorie della serie radiofonica/fumettistica/televisiva originale del Calabrone Verde sta dunque il vero cortocircuito del film, che si prende sottotraccia la non facile libertà di mantenere un’amarezza di fondo, quella di un amore (tra Reid e il personaggio della Diaz) destinato a restare inceppato definitivamente nelle pieghe della scoppiettante confezione pirotecnica.

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Titolo originale: id.
Regia: Michel Gondry
Interpreti: Seth Rogen, Jay Chou, Cameron Diaz, Christoph Waltz, Tom Wlkinson
Distribuzione: Sony Pictures
Durata: 119'
Origine: USA, 2011

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