"Vento di primavera", di Roselyne Bosch

Pur partendo come una grande produzione, quale il film è, e non trascurando l'aspetto storico-politico, è il lato umano e tragico della vicenda a venir costantemente sottolineato dalla Bosch, facendo emergere la quotidianità e, soprattutto, le emozioni. Perché è solo dal cuore che può passare la memoria. Per non dimenticare e continuare a sperare

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Mélanie Laurent e Jean Reno in una scena di “Credi che un giorno diventeremo adulti?”
“Non lo so.”

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Parigi, 1942. Immagini di repertorio scorrono sulle note di Paris di Edith Piaf, l'allegria della canzone in netto contrasto con la città deserta che viene mostrata, un paesaggio in cui già si respira aria di morte, mentre il corteo di macchine al seguito di Hitler l'attraversa. Una macabra gita turistica e una scritta, che ci avverte che i fatti che stiamo per vedere, per quanto cruenti essi siano, sono accaduti veramente. Gli avvenimenti sono quelli del 16 luglio, giornata in cui fin dalle prime luci dell'alba vennero rastrellati più di 10.000 ebrei nell'area della capitale francese, bambini e anziani compresi, e portati al Vel d'Hiv, il velodromo d'inverno, dove furono tenuti in condizioni disumane per vari giorni, prima di essere fatti salire su un treno verso i campi di concentramento. È proprio qui, al velodromo, che le esistenze di vari personaggi, fino a quel momento introdotti, si incrociano:  la famiglia Weisman e i due bambini dei vicini, rimasti senza madre; l'infermiera protestante Annette Monod (la sempre brava Mélanie Laurent) e il dottore David Sheinbaum (uno struggente Jean Reno), anche lui di origini ebraiche. Saranno proprio Annette e David a occuparsi di queste famiglie,in particolare dei bambini, il cui punto di vista viene privilegiato dalla regista Roselyne Bosch.

Pur partendo come una grande produzione, quale il film è, e non trascurando l'aspetto storico-politico, è il lato umano e tragico della vicenda a venir costantemente sottolineato dalla Bosch. Se alcuni momenti, come la spettacolare gru che allarga sul velodromo, fino a rivelarlo in tutta la sua maestosità, o le sequenze in cui i gerarchi nazisti discutono su come attuare il piano di deportazione degli ebrei di Parigi, rimandano palesemente agli intenti da kolossal e alla volontà di documentare   la storia in maniera accurata, ciò che emerge con maggior forza è la quotidianità, fino quasi a tralasciare il quadro storico più ampio, più si va avanti con la narrazione. Singoli e semplici gesti, come l'accendersi una sigaretta, accostano i tedeschi e le famiglie protagoniste all'inizio del film, quasi a dimostrazione che la loro vita non è poi così diversa; Hitler stesso viene colto in momenti di vita familiare, come la celebrazione del proprio compleanno. Ma la differenza c'è e il divario viene sottolineato proprio dallo stridente accostamento. È così che la regista riesce a trovare l'umanità nelle condizioni disumane a cui tutte queste persone erano costrette, non diversamente da quanto aveva fatto Benigni in La vita è bella, pur non sfondando mai nel tragicomico (o in un surreale alla Train de Vie). E non a caso sono gli occhi dei bambini che guidano spesso la vicenda: le loro paure, le loro speranze, il trauma di essere separati dai propri genitori, l'ingenuità con cui i più piccoli, come Nono Ziegler, guardano al mondo, non consapevoli di cosa sta veramente accadendo. Molti di loro, i più grandi, intuiscono che non avranno futuro, che probabilmente non arriveranno mai a vedere l'età adulta, ma continuano a sperare. Ed è questa speranza, insieme alla combattività di Annette, che pervade l'ultima parte del film, colpendo lo spettatore, facendolo emozionare fino al finale sulle note di Debussy, in cui gli unici 25 superstiti vengono mostrati. Sta proprio qui la forza del film, nelle emozioni, perché è solo dal cuore che può passare la memoria. Per non dimenticare e continuare a sperare.    
 

 

Titolo originale: La Rafle

Regia: Roselyne Bosch

Interpreti: Jean Reno, Mélanie Laurent, Gad Elmaleh, Raphäelle Agogué, Sylvie Testud, Anne Brochet, Thierry Frémont, Catherine Allégret, Isabelle Gélinas
Distribuzione: Videa-Cde (2011)
Durata: 125'

Origine: Francia, 2010

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