"Una cella in due", di Nicola Barnaba

Maurizio Battista Enzo Salvi Una cella in due
Lo scopo è chiaro: far ridere. E, probabilmente, riuscirà a far breccia puntando dritto verso un determinato target.Tuttavia, più di tutto, a questo film manca una vera identità.  E finiscono per mancare l’irriverenza, il coraggio, la provocazione. Si cade irrimediabilmente in spunti melodrammatici poco credibili. Diventando un ibrido, un mostro bicefalo che incarna le due nature di Lino Banfi: quella trash anni ’70 e quella senile di Un medico in famiglia

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una cella in due maurizio battisti enzo salviLa storia di due poveracci, diversa estrazione sociale ma stesse origini proletarie, soprattutto accomunati dalla svolta disgraziata che prende la loro vita. Per motivi differenti che però portano al medesimo risultato. La galera. Proprio quest’esperienza farà nascere fra i due una profonda e sincera amicizia.
Questa, in breve, l’idea alla base di Una cella in due, prima regia di Nicola Barnaba. Più di tutto esperimento cinematografico per una (potenzialmente) promettente coppia di comici romani. L’ormai rodato (da decine di cinepanettoni) Enzo Salvi e il debutto del comico teatrale e televisivo, molto apprezzato soprattutto nell’underground della capitale, Maurizio Battista. Più la presenza di comprimari d’eccezione, come Massimo Ceccherini in versione psicopatico.
Quando si valuta un film è sempre giusto entrare in un certo ordine di idee. A quale pubblico il prodotto è rivolto, per quale scopo è stato fatto. Insomma, nessuno pagherà mai il biglietto di questo film aspettandosi di vedere cinema intellettuale, d’autore. Lo scopo è chiaro: far ridere. E, probabilmente, riuscirà a far breccia puntando dritto verso un determinato target. Quello che, anche se in calando, riempie le sale a Natale per vedere De Sica & co, o Boldi.
Se, com’è altrettanto sacrosanto, si deve giudicare il film a trecentosessanta gradi, il discorso diventa più ampio. Cimentarsi in una commedia non sottintende forzatamente escludere una fetta di audience. Anche la demenza, qualche volgarità e gag assurde, se messe in scena ad arte, possono rendere di genere un prodotto. E levarlo dall’anonimato. Ci sono numerosi esempi a supporto della tesi. Non ultimo il nostro Checco Zalone, per non andare a scomodare mostri sacri d’oltreoceano, capace di sbancare il botteghino.
Una cella in due regala qualche discreto momento di comicità, non sempre supportato da una sceneggiatura un po’ fiacca che pure partiva da un assunto accettabile, anche se non proprio originale.
Ed è un dato di fatto che Maurizio Battista renda molto di più su un palco, libero di improvvisare e spaziare a piacimento. Eppure, in un’ipotetica competizione fra i due protagonisti, il debuttante avrebbe a sorpresa la meglio sul veterano Enzo Salvi.
E sono molti i motivi che potrebbero suscitare interesse. La partecipazione di giocatori di calcio di Roma (Aleandro Rosi e Rodrigo Taddei) e Lazio (Fabio Firmani, Pasquale Foggia e Tommasi Rocchi), oltre che di due vere e proprie personalità radiofoniche romane, Mario Corsi e Riccardo “Galopeira” Angelini. La presenza di starlette tipo Melita Toniolo e Veronica Ciardi, in più il discusso cammeo di Sara Tommasi.
Tuttavia, più di tutto, a questo film manca una vera identità. È davvero difficile riuscire a far ridere puntando ad un pubblico di famiglie. Non si spinge oltre, non ci prova nemmeno. E finiscono per mancare l’irriverenza, il coraggio, la provocazione. Si cade irrimediabilmente in spunti melodrammatici poco credibili. Diventando un ibrido, un mostro bicefalo che incarna le due nature di Lino Banfi: quella trash anni ’70 e quella senile di Un medico in famiglia.

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Regia: Nicola Barnaba
Interpreti: Enzo Salvi, Maurizio Battista, Massimo Ceccherini, Simona Borioni, Jane Alexander, Sara Tommasi, Melita Toniolo

Distribuzione: Iris Film

Durata: 90'
Origine: Italia, 2011

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