"Tutti al mare", di Matteo Cerami
Ninetto Davoli non è più il Puck della situazione. Così come appare emblematico il ruolo di Nino, un Gigi Proietti che perde la memoria. Memoria, forse, di germi invisibili oggi trasformati in enormità – le condizioni di vita degli immigrati, i cliché in cui cadiamo compulsivamente, il privato pubblicamente sbracato che ci gira la testa e lo sguardo verso il tavolo (virtuale) del ristorante da cui qualcuno sta raccontando (ma a chi?) la propria intimità. Non possiamo più spiare dai buchi nel legno. E il film di Cerami si chiude proprio là dove si apriva quello di Citti
Se Casotto sembrava limitarsi a registrare (e sbeffeggiare, complice anche superTognazzi) una condizione, comune e condivisa – il pedaggio del sistema cattolico, la povertà, l’ipocrisia – che portava i protagonisti a cercare costantemente di fregarsi a vicenda, tutti per lo stesso scopo (la sopravvivenza, nel senso letterale), Tutti al mare si immerge in una realtà italiana più vecchia di trent’anni, per poi restituirne in superficie la condizione prototipica, quella che il regista stesso definisce “spiaggiata”. La sopravvivenza e la fame si sciolgono nell’acido della corruzione, e i corpi di sicurezza statale che fanno puntualmente visita a Maurizio (un Marco Giallini bravo e malinconico, che non sembra però raggiungere i livelli di Io, loro e Lara), proprietario dello stabilimento ristorante/versione contemporanea del casotto, lo sanno meglio di chiunque. Municipale, carabinieri e guardia di finanza minacciosi vendono la loro noncuranza per poco: un pranzo gratis. E il pesce (non) è fresco, ma regala al film uno dei momenti comici migliori, con lo sbarco di Alfredo, fornitore ufficiale del ristorante (Ninetto Davoli).
Davoli non è più il Puck della situazione, il maestro di cerimonie che apriva, chiudeva e sabotava la pellicola. Così come appare emblematico il ruolo di Nino, un Gigi Proietti che perde in continuazione la memoria. Memoria, forse, di germi invisibili oggi trasformati in enormità – le condizioni di vita degli immigrati (nuovi personaggi pasoliniani seduti a guardare le nuvole?), i cliché in cui cadiamo compulsivamente (come fa Nando, interpretato da Libero De Rienzo, che si ostina a innamorarsi di donne straniere interessate solo al matrimonio di cittadinanza; o la maternità gioiosamente inconsapevole delle due ragazze interpretate da Ambra Angiolini e Claudia Zanella), il privato pubblicamente sbracato che, come una morsa, ci gira la testa e lo sguardo verso il tavolo del ristorante (o il piccolo schermo) da cui qualcuno sta raccontando (ma a chi?) la propria intimità. Non possiamo più spiare dai buchi nel legno. E il film di Cerami, denso di pensieri evocati, si chiude là dove si apriva quello di Citti: su una sigaretta che il vento si ostina (ora con successo) a non voler farci accendere.
Regia: Matteo Cerami
Interpreti: Marco Giallini, Ilaria Occhini, Vincenzo Cerami, Anna Bonaiuto, Libero De Rienzo, Francesco Montanari, Ambra Angiolini, Claudia Zanella, Rodolfo Laganà, Ninetto Davoli, Ennio Fantastichini, Gigi Proietti
Distribuzione: 01 Distribution
Durata: 95'
Origine: Italia, 2011