NO DIRECTION HOME – “Giallo/Argento”, di Dario Argento

Giallo di Dario Argento
Oggi i film di Dario Argento vanno probabilmente visti come work in progress abbandonati alla frammentarietà di un discorso artistico che alla concretezza di una weltanschauung idealistica preferisce la singola unità dell'atto, l'accelerazione improvvisa, lo squilibrio. E Giallo  fa a pezzi la grammatica e la Logica del cinema per recuperare la flebile scintilla di un gesto che è sempre più disconnesso dal Sistema

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Giallo di Dario ArgentoVedere l'ultimo, per larghi tratti sconcertante, film di Dario Argento a due anni di distanza dalla sua realizzazione, dopo battaglie legali, proiezioni clandestine e uscite in home video, fa certamente effetto e ci pone diversi interrogativi sull'identità e la sopravvivenza dell'opera argentiana. Dove sta andando il cinema di Dario Argento? Che fine ha fatto Dario Argento? A chiederselo sono proprio i critici argentiani doc e i cinefili che da sempre hanno celebrato l'opera del regista di Suspiria e Opera e che oggi voltano le spalle ai film di un autore che forse con Giallo ha definitivamente perso il suo pubblico. Ora non saremo certo noi a dire che Giallo è migliore de La terza madre o anche de Il cartaio. Non lo è. È probabilmente il film meno  riuscito tra quelli firmati da Dario Argento da molto tempo a questa parte.  La sensazione è che mai come questa volta le vicissitudini realizzative abbiano influito in modo determinante sulla resa tecnica e sull’organicità di un’opera che probabilmente avrebbe meritato lo stesso controllo produttivo degli ottimi Masters of Horror realizzati in terra americana. Eppure, a scapito delle apparenze, Argento continua a esserci. Il suo cinema in Giallo, anch'esso coproduzione americana e scritto dal regista assieme a Jim Agnew e Sean Kellar, è l’indice di un’impronta che la macerie del tempo e del mondo hanno certamente offuscato, ma non cancellato del tutto. In certi sprazzi lo stile senza controllo e carico di quelle ingenuità "indifendibili" dell'Argento di oggi pare ritrovare la purezza dell'intuizione immediata, la giustezza di un'immagine che sa ancora affermarsi dentro (non più contro) la medietà audiovisiva della produzione italiana contemporanea. Si veda ad esempio l'ostinazione morbosa e insistita con cui le scene di tortura vengono allungate e spesso esibite, o anche il repentino zoom out anni Settanta a incorniciare il disperato tentativo di fuga di Celine, o i deliranti flashback del detective Enzo Avolfi (un Brody talmente neutro ed estraneo al contesto da apparire quasi immerso in un trattamento brechtiano).
Oggi, ancor di più che in passato , i film di Dario Argento vanno probabilmente visti come work in progress abbandonati alla frammentarietà di un discorso artistico che alla concretezza di una weltanschauung idealistica preferisce la singola unità dell'atto, l'accelerazione improvvisa, lo squilibrio. Giallo di Argento – o Giallo/Argento secondo la versione titolistica per le sale cinematografiche, quasi geniale nella sua ambivalenza dicotomica, forse involontaria ma perfetta per raccontare la distanza che l'intera operazione si porta appresso tra Autore e Opera – fa a pezzi la grammatica e la Logica del cinema per recuperare la flebile scintilla di un gesto che è sempre più disconnesso dal Sistema. Oggi Argento è solo. E come le opere underground degli anni Sessanta, i suoi ultimi film sembrano sempre più fatti per essere dappertutto e da nessuna parte, senza collocazione precisa paiono non potersi accontentare del dvd, nè del cinema e forse nemmeno della rete. Semplicemente si ostinano a esistere, magari uscendo in sala con il nome del regista accanto al titolo. Sono in pochi a poterselo permettere.

Regia: Dario Argento
Interpreti: Adrien Brody, Emmanuelle Seigner, Elsa Pataky, Byron Deidra
Distribuzione: Lumière Group Mediale
Durata: 92'
Origine: USA/ITA, 2009

 

 

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