TORINO 28 – 'The bang bang club', di Steven Silver (Concorso)

bang bang club
Ogni 'clic' un pezzo di storia. Non importa se vicino alla morte. Con l'obiettivo della propria Nikon come unico mirino sulla violenza. Cercando la scorciatoria del cinema 'mainstream' il regista  appiattisce ogni cosa: personaggi, storia, fotografia. La sua Bang bang club è una brutta copia di quella che ha segnato il fotogiornalismo mondiale.

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the bang bang clubOgni clic un pezzo di cronaca, di storia, di vita. E poi la fama. Non importa se vicino alla morte o al sangue. Con l'obiettivo della propria Nikon come unico mirino sulla violenza. Raccontare cosa è stato questro gruppo di fotoreporter, il Bang Bang Club negli anni '90 in Sud Africa è ritornare sul campo di guerra di una pagina recente dell'umanità. L'apartheid, gli omicidi razzisti, Mandela. Steven Silver, documentarista e collaboratore di Roger Spottiswoode, sceglie di ricostruire quel team di fotografi pazzi di adrenalina da prima linea partendo dal loro incontro con il più giovane dei quattro, Greg Marinovich (Ryan Phillippe – Studio 54, Flags of our fathers). Kevin Carter (Taylor Kitsch), Ken Oosterbroek (Frank Reutenbach) e Jao Silva (Neels Van Jaarsveld) sono già dei veterani del fotogiornalismo e decidono di accettare nel gruppo il promettente fotografo. Parte così l'avventura di questa storica 'formazione' che negli anni disperati dell'apartheid ha raccontato attraverso scatti sensazionali la violenza degli scontri nelle periferie infuocate di Johannesburg. Fino ad arrivare alle maggiori copertine dei quotidiani mondiali, per Marinovich e Carter al Pulitzer. Guerrieri coraggiosi pronti a tutto, anche sfidare la morte, per avere l'immagine perfetta. Steven Carter però perde in partenza la chance che aveva tra le mani. Un libro come sceneggiatura, personaggi assai complessi e una cornice storica che ne rafforzava la storia. Cercando la scorciatoria del cinema 'mainstream' Carter appiattisce ogni cosa. La sua Bang bang club è una brutta copia di quella che ha segnato il fotogiornalismo mondiale. Anche i dialoghi appaiano stereotipati al limite del paradossale. Così come la caratterizzazione dei personaggi, monocorde e macchiettistica. Quello che stupisce  è come anche la sottile e viscerale parabola metacinematografica, che questi 'avvoltoi' dello sguardo hanno incredibilmente instaurato con le tragedie immortalate nelle loro carriera, sia sfuggita al regista. Il film corre veloce verso il tragico epilogo per alcuni della Bang bang club, allo spettatore non rimane davvero nulla se non poche tracce di cosa poteva essere.

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