TORINO 28 – Animal Town, di Jeon Kyu-Hwan (Festa Mobile)

animal town
Staordinaria riflessione sulla città che distrugge e rifiuta il dolore dei suoi abitanti: Jeon Kyu-Hwan descrive con asciutta consapevolezza le esistenze di due anime perdute "salvate" soltanto da un rigurgito animale che può porre fine alle loro storie. Secondo capitolo di una trilogia dedicata alla vita urbana, Animal Town è l'amara rilfessione sulla vita come punizione per chi non riesce a liberarsi dai fantasmi delle proprie azioni

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E’ l’elemento imprevedibile, la componente “selvaggia” a dare l’impulso vitale a questa città, una Seoul fredda e spietata, alle prese con una crisi economica ed esistenziale resa ancora più agghiacciante di fronte alla brillante e metallica superficie dei grattacieli coreani, scagliati verso il cielo, aguzze punte distanti ed irraggiungibili. E’ nell’ambiente suburbano ai piedi di questi lontani mostri di cemento che vivono i protagonisti di questo secondo capitolo della trilogia sulla città del coreano Jeon Kyu-Hwan – Mozart Town (2008) e Dance Town (2010) gli altri -, due anime perdute che passano il lento scorrere del giorno pensando al proprio passato senza poterlo evitare, senza riuscire a sfuggirne. Un genitore sconvolto dalla perdita della figlia alla quale continua a comprare vestiti e scarpe perché a “quell’età si cresce a vista d’occhio” e un pedofilo pentito, devastato dal proprio agire, operaio edile prima, tassista poi per riuscire a trovare una propria tranquillità.
I due si incontrano e si sfiorano, si cercano e vengono rigurgitati da quella “città dolente” che li rifiuta e di cui non possiedono la conoscenza tanto da perdersi tra le innumerevoli vie e ritrovare continuamente gli stessi posti. La frenesia di Seoul non fa per loro ed il loro vivere estraneo debilita l’equilibrio interno di questo ammasso di cemento e metallo che vive ordinato. Ma ecco che l’elemento naturale, animale, fa la sua comparsa per dare una fine alla loro storia o forse per riportarli nel mondo a cui sono più vicini.
Ma Animal Town è anche la descrizione di un lutto per un uomo che ha perduto tutto ciò a cui teneva: egli ascolta, immagina, continua a comportarsi nella normale routine quotidiana, ma è solo la vendetta che gli può dare soddisfazione. Eppure la morte non può risolvere nulla, è proprio la vita la punizione per colui che per sempre ha segnato la sua esistenza.
La vita è ancora più dura e spietata per Jeon Kyu-Hwan, una presa di posizione radicale e durissima che la sua telecamera descrive senza invadenza, con un occhio che sembra allo stesso livello dei suoi personaggi, essenziale e senza timori, senza la paura di esagerare nella descrizione minuziosa dei gesti e delle azioni dei due uomini. La solitudine si rivela tramite silenzi, pause e la mancanza di dialogo tra gli abitanti di questa narrazione: marciapiedi disabitati, negozi vuoti e palazzi abbandonati prossimi alla demolizione eppure poco più in là sull’asfalto si mostra un continuo via vai di automobili; ma chi passa non si ferma e prosegue veloce, disinteressato dai componenti di quel luogo che chiamano “città”.
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