CANNES 64 – "Tatsumi", di Eric Khoo (Un certain regard)


Modernità e tradizione convergono in questo film proprio come nelle tavole di Tatsumi: il senso è quello di un cinema che si esprime attraverso il puro ed estatico piacere della narrazione, esattamente come per i disegnatori si fa urgente il desiderio di raccontare. E alla fine si resta stupiti per la ricchezza della realtà e si esce affascinati dalla moltitudine di avventure che si moltiplicano intorno a noi. Basta solo vederle e saperle comprendere

--------------------------------------------------------------
CORSO COMUNICAZIONE DIGITALE PER IL CINEMA DALL'11 APRILE

--------------------------------------------------------------

Eric Khoo è un ammiratore sincero e appassionato dell’opera di Yoshihiro Tatsumi e questo traspare da ogni immagine del suo terzo film, dedicato ad uno dei più innovatori mangaka dei nostri tempi. Tatsumi, passato nella sezione del Certain Regard di Cannes, è infatti un’insolita biografia del disegnatore giapponese a partire soprattutto dalle storie e dai disegni della sua lunga carriera, iniziata subito dopo la seconda Guerra mondiale con gli occhi pieni della poesia che all’arte del manga aveva regalato Osamu Tezuka. L’idea del film è nata dalle ottocento pagine dell’autobiografia di Tatsumi A Drifting Life, che hanno spinto il regista di Singapore fino in Giappone per incontrare il suo mito. Da quel momento in poi il lavoro è stato di totale collaborazione perché il film potesse rendere nella sua completezza il carattere dell’opera di un “osservatore onesto e astuto dell’amore, della vita e della condizione umana”. Attenti, però, ad aspettarsi una biografia tradizionale, perché qui i fatti salienti della vita di Tatsumi si alternano ai racconti da lui creati, anzi, si sovrappongono, fino a comporre un quadro d’insieme suggestivo e profondo del Giappone del dopo Hiroshima.
E la fine terribile della guerra è al centro di due “racconti”: la storia di un fotografo militare mandato nell’inferno di macerie del dopo bomba atomica e quella di una donna “sedotta e abbandonata” da un soldato americano. Il primo troverà in una foto l’occasione per riscattare la sua vita di stenti, finendo, tuttavia, nell’inferno della colpa, la seconda, invece, si lascerà precipitare come le rovine che la circondano. Per il suo stile drammatico e le sue storie realistiche e forti (che vengono qui per la prima volta trasposte sul grande schermo), Tatsumi è considerato un pioniere del suo genere, aspetto su cui indugia il regista, sfruttando le coincidenze narrative e lasciando scivolare il suo sguardo tra i personaggi, i dettagli, le folgorazioni di piccoli momenti dal valore universale. Si passa dai colori accesi al bianconero sinistro, dalla città in pieno fermento alla solitudine di una stanza, riuscendo a cogliere le sfumature più sfuggenti e a fermarle sullo schermo come fosse la pagina di un album, dove la profondità affiora dall’attenta articolazione dei rumori e il senso drammatico dalla struggente bellezza dei disegni.
Modernità e tradizione convergono in questo film proprio come nelle tavole di Tatsumi: il senso è quello di un cinema che si esprime attraverso il puro ed estatico piacere della narrazione, esattamente come per i disegnatori si fa urgente il desiderio di raccontare. E alla fine si resta stupiti per la ricchezza della realtà e si esce affascinati dalla moltitudine di avventure che si moltiplicano intorno a noi. Basta solo vederle e saperle comprendere.

--------------------------------------------------------------
#SENTIERISELVAGGI21ST N.17: Cover Story THE BEAR

--------------------------------------------------------------
--------------------------------------------------------------
CORSO ONLINE SCRIVERE E PRESENTARE UN DOCUMENTARIO, DAL 22 APRILE

--------------------------------------------------------------

    ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER DI SENTIERI SELVAGGI

    Le news, le recensioni, i corsi di cinema, la riviste, i libri, gli eventi e tutte le nostre iniziative


    Array