VENEZIA 68 – "Photographic Memory", di Ross McElwee (Orizzonti)

Photographic MemoryAtto d'amore diaristico di un padre nei confronti del proprio figlio, con la tecnologia fotografica che diventa ultimo avamposto per la comunicazione e il ricordo. L'immagine documentaria forse non basta, sembra dirci il piccolo lavoro di McElwee, ma è forse tutto ciò che ci resta per rimanere ancorati a noi stessi e alla (poca) memoria che ci resta

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photographic memoryNasce come risposta a un'apparentemente inconciliabile mancanza di comunicazione tra padre e figlio il documentario autobiografico dell'americano Ross McElwee, che nella sezione Orizzonti già presentò alcuni anni fa In Paraguay. Alle prese con un figlio adolescente ipertecnologizzato, distante dalla famiglia e introverso, il regista decide di raccontare a lui il suo passato attraverso una videocamera digitale. L'incapacità di carpire i turbolenti vent'anni del suo Adrien porta  così McElwee a ripercorrere proustianamente (riferimento dichiarato dallo stesso autore) i vent'anni di trentotto anni fa, quelli che vedevano McElwee scappare dal proprio padre e dall' America per andare in Francia e lavorare in Bretagna come fotografo di matrimoni. Il regista americano compie nuovamente il suo viaggio al di là dell'oceano per ritrovare se stesso e confezionare un testo filmico che sia in grado di metterlo in comunicazione con Adrien. Intervista i testimoni dei suoi vent'anni perduti, raccoglie ricordi, immagini, dolori e rivelazioni.  Le istantanee in bianco e nero da lui scattate in passato vengono sostituite da quelle a colori contemporanee, immagini questa volta in movuimento che ripercorrono luoghi e volti trasformati dal tempo (la sua ex compagna francese, la moglie vedova del suo datore di lavoro). Photographic Memory non risolve definitivamente il conflitto genitoriale da cui oprende spunto, ma ha l'umiltà di proporsi semplicemtne come atto d'amore diaristico di un padre nei confronti del proprio figlio, con la tecnologia fotografica che diventa ultimo avamposto per la comunicazione e il ricordo. L'immagine documentaria forse non basta, sembra dirci il piccolo lavoro di McElwee, ma è forse tutto ciò che ci resta per rimanere ancorati a noi stessi e alla (poca) memoria che ci resta.

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