VENEZIA 68 – "Scialla!", di Francesco Bruni

scialla

Felice esordio per lo sceneggiatore, esempio di un cinema che sa credere nei personaggi e nelle storie che racconta, con la presa in giro di un certo tipo di ambiente in cui lo scrittore è come lo sceneggiatore bene di sinistra tipo Boris. Peccato per il finale, più in linea con i dettami della Rai Cinema factory piuttosto che con le atmosfere emotive e visive emerse fino a quel momento

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sciallaUn colpo quasi perfetto. Roma è uno sfondo che respira in continuazione, nei suoni, nei rumori del traffico, in questo felice esordio dietro la macchina da presa dello sceneggiatore Francesco Bruni (abituale collaboratore soprattutto di Paolo Virzì) a cui è mancato veramente poco per il grande salto. Scialla! è l'esempio di un cinema italiano che crede nelle evoluzioni delle storie, nei personaggi, dove la scrittura è marcata e trasparente, capace di sottolineare gli scarti sociali e quel divario tra ambizione e frustrazione che accomuna il personaggio di Bruno Beltrame (in cui Fabrizio Bentivoglio è particolarmente ispirato) a quello di Sergio Castellitto in Caterina va in città. Bruno è uno scrittore che da tempo vive ai margini e utilizza le residue energie soprattutto a scrivere le biografie degli altri, come quella di Tina (Barbora Bobulova), una famosa pornostar polacca diventata produttrice di film hard. Tra gli studenti che vanno a ripetizione da lui c'è il quindicenne Luca, tanto svogliato quanto vitale. Ma un giorno la madre del ragazzo gli rivela qualcosa che lui non avrebbe mai immaginato. 

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Scialla! (termine romano che significa "tranquillo", "non ti agitare"), corre, si ferma e riparte, segue le ondivaghe velocità dei due protagonisti. Un rapporto segnato dal segreto del loro rapporto, rivelato allo spettatore ma nascosto al ragazzo, fatto di rivelazioni, di continue ricerche di complicità. Ma anche un viaggio in diversi ambienti, dal perfetto figlio della pornostar, alla palestra, al sottobosco della malavita, con un momento di abbandono in cui Luca cammina da solo per strada, tra sfrontatezza e paura, altro segno dirompente di un cinema che vuole rompere gli argini di un facile minimalismo e che smaschera e fa sembrare vecchi anni luce quegli esordi che erano definiti alla fine degli anni '80 tanto carini tipo Mignon è partita della Archibugi. Un cinema fatto anche di facce, di percorsi soggettivi (il sole in faccia sul ragazzo), che sa raccontare desideri e turbamenti, che racchiude squarci urbani anche in un muro con la telefonata di Luca e la persona che guarda., con dialoghi vivacissimi e anche fuori dal comune ("Stare in mezzo alle pischelle è un po' da froci"). Attraverso lo scrittore pigro c'è quasi la presa in giro dello sceneggiatore di sinistra tipo Boris, anche una critica a certi ambienti bene di sinistra.

Peccato qualche scivolata nel finale, soprattutto con la visione dei diversi mestieri che Bruno ha di Luca, in un'uniformità dove il soldato è associato con il cameriere, il netturbino, il lavavetri, che stride soprattutto con il resto del film e che evidenzia ancorta di più la nota stonata. Forse il finale già c'era. Se Scialla! fosse terminato con la scena di Bruno a letto con Luca che gli ha lasciato la colazione e il bigliettino, sarebbe stato un bellissimo film. Resta e rimane bello ma lascia un sospetto, come se l'ultima parte fosse più in linea con i dettami della Rai Cinema factory piuttosto che con le atmosfere emotive e visive emerse fino a quel momento.

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