VENEZIA 68 – "Birmingham ornament", di Andrey Silvestrov e Yuri Leiderman (Orizzonti)

birmingham ornament

Come un puzzle i cui pezzi, separati, non sembrano appartenere alla stessa scatola. Proprio come i frammenti che costituiscono questo Birmingham ornament. Dislegati eppure accomunati dallo stesso scopo. Svuotare ogni cosa del suo reale significato comune, per poi attribuirgliene un altro, agli occhi del mondo privo di senso.

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birmingham ornamentCome un puzzle i cui pezzi, separati, non sembrano appartenere alla stessa scatola. Eterogenei fra loro per forma e contenuto. Messi insieme poi formano una figura astratta e volutamente insensata. Proprio come i frammenti che costituiscono questo Birmingham ornament. Ognuno di essi è contrassegnato da una collocazione geografica, da Birmingham, ad Amsterdam, Berlino e Odessa. Numerati ma proiettati senza un criterio apparentemente logico, dislegati eppure accomunati dallo stesso scopo. Svuotare ogni cosa del suo reale significato comune, per poi attribuirgliene un altro, agli occhi del mondo privo di senso. Eppure non meno dissennato di quello generalmente accettato.

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Come un’opera dadaista, il film del duo russo Andrey Silvestrov e Yuri Leiderman è per lunghi tratti un divertissement ironico e canzonatorio che pure si concede i suoi momenti di riflessione. Molti intuiti e sottotraccia, alcuni più espliciti. La denuncia sociale c’è ma è mascherata, oscurata dal ridicolo e il non-sense. Alle numerose apparizioni di un cantante neomelodico, espressivo e volontariamente grottesco, si succedono i continui racconti di un uomo anziano, ebreo fuggito chissà quando in Romania insieme alle sorelle. E poi gli intermezzi musicali, eseguiti con strumenti tribali africani e i racconti sconnessi di gente qualunque. Tutto è caos, tutto è davvero niente.
Come un quadro la cui interpretazione è lasciata all’occasionale spettatore di turno. Esempio massimo la rappresentazione di un telegiornale tipo. Gli annunciatori declamano notizie infarcite di termini assurdi e sconnessi fra loro. Perché se è vero che il giornalismo si occupa di temi sociali, di politica, allora forse le comunicazioni di quei due strampalati corrispondenti non sono tanto meno incoerenti di quelle reali.
Come una qualsiasi opera d’arte moderna. Probabilmente c’è chi la apprezza perché si sente in dovere di farlo, mentre alcuni sono davvero toccati dal messaggio. C’è infine chi invece passa dritto avanti senza prestare troppa attenzione.
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