VENEZIA 68 – “SAL” di James Franco (Orizzonti)

james franco sul set di SAL
Sempre più James Franco ci appare come un magnifico sperimentatore culturale dei nostri tempi, utilizzando territori “popolari” (gli Oscar e attori cult), per giocare con un’idea di cinema che sembra volere dissestare l’idea di sguardo che ci portiamo dietro da sempre. SAL sembra quasi operare una sorta di risarcimento culturale: restituirci quel cinema che, per un folle destino, Sal Mineo non è riuscito a realizzare

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James Franco sul set di SALNello scontro frontale tra Muller e i quotidianisti, che gli scorsi anni gli avevano “imposto” le proiezioni anticipate stampa sono per i daily della Sala Perla, in questa “ultima” edizione del mandato mulleriano il Direttore si è preso una piccola vendetta (sacrosanta?), eliminando le proiezioni per i quotidiani e unificando la stampa intera nelle proiezioni in Sala Darsena. Il risultato è che tutti fanno la fila, e se arrivi tardi non entri, perché la sala è piena.

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Come in tutte le guerre ci sono poi sempre i danni collaterali, le vittime innocenti, come i giornalisti con accrediti “media” che spesso restano fuori, e una programmazione che a volte appare “impazzita”,con film che si vedono in orari strani, altri che si sovrappongono di pochi minuti l’un l’altro, altri (Ferrara?) proiettati solo in sale da 200 posti, ecc…  In tutto questo caos, a dire il vero piuttosto pacifico, forse chi davvero ne sta facendo le spese è la sezione “Orizzonti”, la più avanzata e sperimentale della gestione Muller, che avanzando in perfetto parallelismo con gli eventi e il concorso del Festival, risulta quasi impossibile da seguire per la stampa (e non solo).

Peccato perché, almeno a giudicare dalla visione del film di mezzanotte di James Franco, la sensazione è che lì dentro (Orizzonti) ci siano dei tesori molto ben nascosti, che forse varrebbe la pena di far girare fuori da questo festival “carcerario” del Lido…

 

james franco sul set di SALJames Franco è un bel personaggio, lo dobbiamo ammettere. Non solo per il fascino magnetico che emanava da ogni fotogramma di Spiderman, ma anche per il suo essere poliedrico, magnifico “corpo pensante” dello spettacolo hollywoodiano. Già all’ultima notte degli Oscar sorprese tutti con il suo atteggiamento da presentatore anticonformista, che riprendeva il pubblico/star con il suo cellulare mettendolo in diretta on line su Twitter, ma da tempo Franco è artista multimediale, oltre che collaboratore di registi non certo “mainstream” come Gus Van Sant, con il quale ha girato alcuni documentari e backstage.

 

Ed è proprio dal cinema di Van Sant, che James Franco sembra attingere (Last Days…), nel raccontare le ultime 24 ore di vita del 37enne Sal Mineo, attore di “culto” di un film magnifico e maledetto con Gioventù Bruciata, i cui tre protagonisti – James Dean,, Nathalie Wood e, appunto, Sal Mineo, morirono prematuramente tutti in circostanze diverse ma certo non “naturali”. Mineo era stato il classico enfant prodige e a soli 15 anni era diventato famoso con una Nomination agli Oscar. Poi però negli anni sessanta aveva dovuto conoscere il declino e le difficoltà di una macchina cinema che a volte può stritolare. Dopo anni di stenti, però, all’inizio degli anni settanta sembrava aver trovato una nuova strada, e un certo successo. Alcune sue opere teatrali avevano riscontrato un notevole gradimento e si avviava a dirigere il suo primo film, proprio tratto da una sua pièce, “PS: ti è morto il gatto”, quando la notte del 12 febbraio 1976 venne accoltellato da uno sconosciuto nel garage sotto casa.

 

james franco sul set di SALFranco non si preoccupa di “piacere”, o di restituire con un biopic la complessità del personaggio Mineo. Piuttosto sembra volere raccontare, quasi con occhio documentarista, le sue ultime ore di vita, tra la cura del corpo e i piaceri, la sua casa/ufficio con il letto a fargli da scrivania, e le telefonate ad amici e conoscenti per farli venire al suo spettacolo. E in questo la mdp di Franco, che gira in digitale, sembra quasi appiccicata al corpo di Val Lauren/Sal Mineo, non mollandolo mai, con un ossessione per i dettagli che sembra rimandare a molto cinema underground, da Warhol a Paul Morrisey, ecc…

 

Ma la sensazione è che James Franco, nel tentare di restituire questa giornata fatta di privato, lavoro e prove teatrali, abbia soprattutto voluto immaginare quello che avrebbe potuto essere lo stile del film mai realizzato da Mineo, che certo sentiva addosso le influenze del cinema sperimentale della New York di quei primi anni settanta. Ed ecco allora che SAL sembra quasi operare una sorta di risarcimento culturale: restituirci quel cinema che, per un folle destino, Sal Mineo non è riuscito a realizzare. Una ossessione culturale forse stravagante, ma teoricamente pazzesca: portare il citazionismo culturale al limite, fino al “remake” di film che non si erano potuti realizzare! Un doppiogioco dell’immaginario in sintonia con le innovazioni tecnologiche di questi anni: se oggi possiamo ricostruire digitalmente i corpi di star ormai scomparse da anni, se viviamo in un melting pot culturale, dove i film costituiscono un luogo da saccheggiare per l’immaginario odierno, perché non provare ad andare oltre, e realizzare l’irrealizzato, il film che poteva essere girato…

 

Sempre più il trentatreenne James Franco ci appare come un magnifico sperimentatore culturale dei nostri tempi, utilizzando territori “popolari” (gli Oscar e attori cult), per giocare con un’idea di cinema che sembra volere dissestare l’idea di sguardo che ci portiamo dietro da sempre. L’occhio di chi è guardato (la star tv) può a sua volta guardare e mostrare; e il cinema può replicare anche film “mai realizzati” ma solo immaginati. E la complessità delle visioni possibili di questi anni, si fondono con un occhio capace di poggiare lo sguardo sui corpi, sulle dolcezze e amarezze del vivere, provando a rilanciare con forza il concetto di “libertà d’espressione”, uno dei temi per i quali Mineo non lesinò le sue battaglie. James Franco avrebbe potuto fare il suo film d’esordio accattivante e per il grande pubblico, ma ha scelto coraggiosamente la via del cinema “di ricerca”: Sal Mineo ne sarebbe stato orgoglioso…

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