"1921 – Il mistero di Roockford", di Nick Murphy


Lo spiacevole quanto insensato impulso di razionalizzare qualcosa che non può e non deve avere spiegazione. Il terrore più puro, quello che crea sudori freddi e stati d’ansia perpetui, si nutre della suggestione, dell’inconsapevolezza, dell’incompiuto. E così un film ottimo perde valore a causa della pretesa di dare spiegazioni e, ancor peggio, la volontà di essere concilianti. Ed è un peccato perché ha il sapore di un’occasione persa

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Non c’è niente da fare, il cinema horror mainstream contemporaneo sembra essersi bloccato in un impasse clamorosa. Colpa­/merito di capolavori del genere che, senza alcun dubbio, hanno sin troppo (e incolpevolmente) indirizzato spunti e idee successive. Le impronte lasciate da Il sesto senso e The others, su tutti, sono talmente ben delineate da esser state ricalcate, con più o meno successo, sin troppe volte.

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Lo spiacevole quanto insensato impulso di razionalizzare qualcosa che non può e non deve avere spiegazione. Il terrore più puro, quello che crea sudori freddi e stati d’ansia perpetui, si nutre della suggestione, dell’inconsapevolezza, dell’incompiuto. Da sempre l’essere umano ha trovato morbosamente affascinante il paranormale perché non c’è modo di capirne i meccanismi. Sotto certi aspetti è un puro e semplice atto di fede. Spiegare che Gesù Cristo è esistito ma era solo un falegname qualsiasi cancellerebbe la religione cristiana. L’horror è una religione che ha bisogno di fede.
Un pizzico ingiusto probabilmente prendere spunto per quest’invettiva dall’opera di Nick Murphy. Il regista costruisce anzi più che dignitosamente una storia di paura vecchio stile. Il vecchio collegio è luogo ideale per racchiudere fobie e perversioni della mente; Rebecca Hall è splendida nei panni della scettica indagatrice dell’incubo che si trova ad investigare sulla morte misteriosa di un bambino della scuola e sulle presenze che sembrano infestarla. Dimostrare a sé stessa che certe fandonie non esistono è ancor più importante dello svelare il mistero. Il collegio di Roockford è un purgatorio in terra di anime tormentate. La protagonista soffre la morte prematura del marito, il professor Robert Mallory (l’ottimo Dominic West) si autoflagella per esser scampato alla morte durante la Grande Guerra, al contrario dei suoi commilitoni. E ancora la domestica, interpretata magnificamente da Imelda Staunton, e l’inquietante giardiniere. Ognuno sembra avere il proprio scheletro nell’armadio.
L’enorme magione rimane pressoché deserta quando tutti gli alunni tornano a casa per le vacanze. Tutti tranne uno. Ed ecco che il regista può costruire scene di grande impatto. Luoghi antichi dove ogni scricchiolio è angosciante, ogni porta potrebbe celare un segreto spaventoso. Riesce a giocare efficacemente con gli elementi tipici del racconto di fantasmi. Aiutato per altro da una fotografia impeccabile.
Come detto, niente è più prorompente della suggestione. Sarà l’ambientazione, sarà l’argomento della materia trattata, non si fa fatica però a ritrovare le classiche caratteristiche che hanno reso grande il genere in letteratura. Da Edgar Allan Poe a H.P. Lovecraft, non dimenticando Sheridan LeFanu. Ciò che però loro avevano capito perfettamente, e che riuscivano a orchestrare con maestria, sembra una lezione incomprensibilmente cancellata dalla memoria del tempo. Come se, con il corso degli anni, l’animo umano fosse cambiato così radicalmente. E così un film ottimo perde valore a causa della pretesa di dare spiegazioni e, ancor peggio, la volontà di essere concilianti. Ed è un peccato perché ha il sapore di un’occasione persa.
In attesa dell’idea epocale, stile Shyamalan e Amenabar, lasciamo la luce spenta. Lo scantinato, alla luce, fa molto meno paura.

Titolo originale: The awakening
Regia: Nick Murphy
Interpreti: Rebecca Hall, Dominic West, Imelda Staunton, Lucy Cohu, John Shrapnel, Freddie Strickland, Isaac Hempstead Wright
Origine: Gran Bretagna, 2011
Distribuzione: Eagle Pictures
Durata: 107'

 

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