Il Sentiero, di Jasmila Zbanic


Jasmila Zbanic, vincitrice dell'Orso d'Oro a Berlino, nel 2006, con Il segreto di Esma, torna a raccontare il suo Paese, la sua Sarajevo postbellica. Il Sentiero è il ritratto intenso di un Paese che cerca di essere normale, e di una donna che non vuole sacrificare la sua libertà. Zrinka Cvitesic e Leon Lucev sono due interpreti straordinari. 

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Sarajevo quasi vent’anni dopo la guerra sembra una città come tante altre. Bar, negozi, ristoranti, locali notturni. Luna e Amar vivono a Sarajevo, sono una coppia di giovani innamorati, una coppia come tante altre. Lei fa la hostess e lui lavora come controllore aereo all’aeroporto della città. Luna viaggia tutto il giorno e non è felice quando vede Amar fumare e bere troppo.  I due però si amano, si divertono insieme e vogliono un bambino che tarda ad arrivare; per questo si rivolgono ad una clinica per l’inseminazione artificiale. Però Amar beve troppo, e anche in servizio: viene scoperto e sospeso dal suo lavoro. Dopo un periodo di stallo e di ricerca, trova un nuovo lavoro come insegnante di informatica grazie a Bahrja, un vecchio amico e commilitone, che nel frattempo è diventato musulmano wahhabita. Il lavoro è lontano da Sarajevo e a Luna non piace l’idea che Amar ci vada, soprattutto perché si tratta di insegnare in una piccola comunità di musulmani ortodossi, fondamentalisti che, secondo Luna e gli amici della coppia, sono sempre a caccia di nuovi adepti. Amar la rassicura e Luna accetta, convinta che la separazione durerà soltanto pochi giorni. Invece è da questo momento in poi che i sentieri dei due giovani cominceranno a  dividersi.

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Jasmila Zbanic ha vinto l’Orso d’Oro a Berlino, nel 2006, con Il Segreto di Esma. Con Il Sentiero torna ad occuparsi della sua Jugoslavia, e del trauma occultato della guerra che prima o poi torna nelle vite di chi l’ha vissuta. La città delle prime sequenze, può davvero essere una qualunque città europea. Le ferite della guerra non si vedono, non ci sono. Come Amar e Luna: possono essere e sono davvero una coppia come tante: scherzano, si divertono, escono con gli amici, lavorano. Neanche loro sembrano portarsi dentro tracce del conflitto. E soprattutto non rispecchiano per niente l’idea che dei musulmani ha gran parte del mondo occidentale. Il rimosso viene fuori con l’arrivo del passato: Bahrjia il wahhabita, che un tempo wahhabita non era ma che si è avvicinato alla fede integralista e al fondamentalismo dopo la guerra. Da questo momento in poi la macchina da presa della Zbanic mette in campo anche pezzi di città che prima non c’erano: quartieri ultra periferici, sul cui sfondo si stagliano figure di donne ultra velate, pezzi di palazzi semiricostruiti, uomini che si rifutano di stringere la mano alle donne.

Il viaggio di Luna sulle sponde dell’idilliaco lago dove la piccola comunità ha carpito Amar, lo sgomento e la fuga della ragazza e soprattutto il ritorno a casa di Amar, qualche settimana dopo, inquietantemente cambiato, sono il preludio al confronto-scontro tra i due. Che fa tornare la guerra di Luna: la perdita di parte della famiglia, della casa – ritrovata, dopo anni, ma ormai abitata da un’altra famiglia, da un’altra bambina che non sa che a quei tempi ci abitavano “i musulmani”, gli aiuti umanitari, le bombe. L’irruzione del passato mette in pericolo l’equilibrio traballante di Amar che, ce ne sono tanti come lui in tutto il mondo, non solo nei Paesi colpiti dalle guerre, si rifugia nella dottrina assoluta, nella ricerca di quel passato oltranzista cristallizzato e forse mai esistito, e per questo visto come paradiso in cui curare i propri dolori.

Nuovi fondamentalismi per curare vecchi dolori dimenticati. Non è questo il sentiero che sceglie Luna, che resta salda ai princìpi che le ha insegnato la nonna, musulmana anti-integralista come tutta la sua famiglia.

Sono le donne, sembra dire Zbanic, a conservare la lucidità e a non cedere alle lusinghe di un paradiso ritrovato che le priverebbe della libertà. La decisione di Luna, nelle ultime sequenze del film, è proprio un inno alla libertà. Che non è certo l’emancipazione tout-court di sessantottina memoria, ma è la sovranità delle idee che nessuna tirannia può estirpare.

Sarà forse un messaggio troppo immediato, semplice. Però Il Sentiero è un gran bel film. Zrinka Cvitesic e Leon Lucev sono due interpreti straordinari.

 

 

Titolo originale: Na Putu

Regia: Jasmila Zbanic

Interpreti: Zrinka Cvitesic, Leon Lucev, Ermin Bravo, Mirjana Karanovic, Marija Kohn

Distribuzione: Fandango

Durata: 100′

Origine: Bosnia-Herzegovina, Austria, Germania, Croazia, 2009

 

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