“Hesher è stato qui”, di Spencer Susser

hesher è stato qui
Al suo primo lungometraggio Spencer Susser tenta di confrontarsi con la morte e il dolore della perdita. Tutti in Hesher è stato qui sono imprigionati nell’insensatezza della vita: T.J. e suo padre, ma anche la cassiera occhialuta senza più speranze che ha il volto di Natalie Portman, e ancora la coppia speculare formata dall’angelo caduto Hesher/Gordon-Levitt e dalla nonna/Piper Laurie

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hesher è stato quiGli angeli custodi non sempre sono come li immaginiamo. Non sempre sono così incredibilmente lontani dalle passioni, dai sentimenti e, quindi, anche dalla disperazione. A mostrarcelo era già stato Luc Besson con il suo angelo perduto dal trucco sfatto che non sapeva proprio cosa farsene dell’eternità e desiderava solo essere di nuovo umano. E, ancora prima di Besson, l’angelo di Brad Silberling era caduto sulla Terra per farsi corpo «meravigliosamente felice nello scoprirsi sanguinante».

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Nella sua follia dove l’innocenza e il cinismo si confondono l’una nell’altro, Hesher non è diverso dagli angeli di Besson e Silberling, o almeno Spencer Susser fa di tutto per farlo apparire tale. Sì perché, quando a furia di pugni, calci e insulti entra a forza nell’universo in rovina di T.J., questo strano angelo dai lunghi capelli sporchi, dallo spinello facile e dalla schiena tatuata sulla quale troneggia un gigantesco dito medio ha già bruciato le sue ali nel desiderio di far battere nel suo petto quella materia caotica, terrorizzante, ingiusta e allo stesso tempo magnifica che è la vita. A bordo di uno sgangherato camioncino dove, come un furioso canto liberatorio, rimbombano i brani dei Metallica (spina dorsale della colonna sonora del film di Susser, in un omaggio che ritorna anche nel personaggio di Joseph Gordon-Levitt, ispirato al bassista scomparso della band, Cliff Burton), Hesher prende sotto la sua particolarissima ala protettrice il piccolo T.J. per mostrargli, a colpi di humor nero o magari camminando anche attraverso le fiamme, che bisogna continuare a combattere e a sperare, anche quando fa terribilmente male e tutto sembra perduto, perché questa è la vita e c’è sempre qualcosa per cui vale la pena andare avanti, come quell’ultima passeggiata con la nonna Piper Laurie.

hesher è stato quiIn un paesaggio logoro e dismesso che assomiglia terribilmente ad un doppio metropolitano degli orizzonti raggelati e crudeli di Un gelido inverno, al suo primo lungometraggio Spencer Susser tenta di confrontarsi con la morte e il dolore della perdita, raccontando la vita attraverso i lutti, piccoli o così grandi da sembrare insuperabili, che ogni esistenza incontra lungo il suo cammino. Ma per quando si affannino nell’avanzare, ognuno a modo suo, tra le lacerazioni del cuore e di affrontare l’insensatezza della vita, T.J. e suo padre, ma anche la cassiera occhialuta senza più speranze che ha il volto di Natalie Portman, e ancora la coppia speculare formata da Hesher e dalla nonna di T.J. non riescono a trapassare veramente il nostro sguardo, a farci sentire tutta paura, la rabbia e la solitudine di chi cerca disperatamente di mettere insieme i pezzi di un mondo andato in frantumi. Hesher è stato qui è ben lontano dalle traiettorie del cinema di Silberling o dall’autenticità sconquassante di quel piccolo capolavoro sull’elaborazione del lutto che è Reign over me, gli manca la rabbia e il cuore e, soprattutto, la semplicità così diretta, così raccolta di Mike Binder, e, nonostante la destrezza con la quale, ancora una volta, Gordon-Levitt disegna un personaggio di certo non facile, le storie quotidiane di anime in caduta libera raccontate da Susser e dal suo co-sceneggiatore David Michôd si portano addosso tutta la pesantezza stereotipata di quell’umanità maledetta, sofferente e sovversiva che piace tanto al marchio “indie”.

Titolo originale: Hesher
Regia: Spencer Susser
Interpreti: Joseph Gordon-Levitt, Natalie Portman, Rainn Wilson, Devin Brochu, Piper Laurie, John Carroll Lynch
Distribuzione: Bolero
Durata: 106’
Origine: USA, 2010

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    2 commenti

    • d'accordo in pieno. peccato, poteva essere un buon film.

    • Un film poco equilibrato nel suo incedere tra dramma e commedia e incapace nel gestire correttamente con gli stereotipi. Il personaggio di Levitt non va oltre la macchietta cool e alla fine ciò che fa vivere veramente il film è il piccolo protagonista, veramente molto bravo ed intenso. Interessante ma si poter fare molto meglio