“Safe House – Nessuno è al sicuro”, di Daniel Espinosa

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Espinosa gioca più di accumulo che di fioretto in un affastellarsi ipetrofico di scene d'azione che, nella loro perpetua instabilità, cercano di confondere le traiettorie e mettere in discussione la tenuta dell’occhio fino a svelare, a noi e a Ryan Reynolds, che non esistono luoghi sicuri del cinema. Il solo ad averlo capito è Denzel Washington, per questo, mentre tutti continuano a smarrirsi nelle menzogne che oscurano la visuale, è l’unico a non perdersi in un mondo senza più coordinate

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safe houseNelle stanze dei bottoni del quartier generale della CIA, Langley, Virginia, tutto quello che conta è continuare a far girare le proprie pedine a vuoto, in una messa in scena a prova di bomba dove sono le menzogne nascoste dietro una scrivania, quella di Brendan Gleeson, di Vera Farmiga e di Sam Shepard, a muovere i fili del mondo. Chiudere gli occhi per continuare a credere, ecco la realtà parziale, e proprio per questo ancora sicura, dove si è inconsapevolmente barricato il Matt Weston di Ryan Reynolds, di casa in un quartiere dimenticato di Cape Town ormai da un anno, senza ancora aver ricevuto nessun ospite nella Safe House che presidia per conto dell’Agenzia. Fino a quando non bussa alla sua porta Tobin Frost, il famigerato ex agente che, dismessi da più di un decennio gli abiti della CIA, quasi fosse un fantasma, attraversa senza poter essere preso l’intero globo terrestre vendendo informazioni top secret al miglior offerente.

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Alla sua prima produzione statunitense, lo svedese Daniel Espinosa si confronta con un action thriller dall’impianto narrativo classico e dall’andatura serratissima, muovendosi in quello che appare come un compromesso tra le accelerazioni visive di Tony Scott, pur senza adottare fino in fondo la velocità folgorante del suo cinema, e le linee interrotte del Paul Greengrass dei due Bourne e di Green Zone. Safe House – Nessuno è al sicuro gioca più di accumulo che di fioretto in un affastellarsi ipetrofico di scene di azione che non hanno nulla di memorabile se prese singolarmente ma che, nella loro perpetua instabilità capace di incrinare la superficie delle cose, cercano di confondere le traiettorie e mettere in discussione la tenuta dell’occhio fino a svelare, a noi e a Ryan Reynolds, che non esistono luoghi sicuri del cinema.

Il solo ad averlo capito è Denzel Washington, già ancor prima di entrare nella Safe House e incontrare la sua immagine passata, quel Matt Weston ancora incosapevole che porterà a compimento la missione di Frost. Per questo, mentre tutti continuano a smarrire lo sguardo nelle menzogne che oscurano la visuale, è l’unico a non perdersi nel mondo senza più coordinate di Safe House – Nessuno è al sicuro. Tobin Frost è stato visto l’ultima volta ad Amburgo, poi è di nuovo sparito, ci raccontano da Langley; per nascondere le sue tracce alla CIA e allo squadrone della morte assoldato per cancellarne la traiettoria impazzita, Frost diventa più veloce delle immagini che l’Agenzia proietta sul mondo. Più veloce della realtà apparente fatta di spazi pericolanti e di scorci sempre parziali che Daniel Espinosa chiude attorno a Ryan Reynolds, mostrando tutta la vulnerabilità di chi non esercita alcun controllo sulla propria vita. Tobin Frost non può essere visto perchè continua a muoversi nei punti ciechi dell’occhio. Non a caso la CIA riesce a rintracciarlo solo seguendo i movimenti che Weston compie dietro di lui, solo risalendo lungo le tracce che il novello agente si lascia dietro al suo passaggio. Ma anche quando viene raggiunto, come nella baraccopoli ai confini della città, Denzel Washington è già avanti, è già altrove, mentre, con un sorriso sulle labbra, sibila tra i denti : «ci vuole ben altro per prendermi».

Titolo originale: Safe House
Regia: Daniel Espinosa
Interpreti: Denzel Washington, Ryan Reynolds, Brendan Gleeson, Vera Farmiga, Sam Shepard, Robert Patrick
Distribuzione: Universal
Durata: 115’
Origine: USA, 2012

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