"La guerra è dichiarata", di Valérie Donzelli


Opera ambigua e affascinante, dove l'immersione emotiva sembra quasi concettualizzata da una frenesia stilistica che prova a mettere in comunicazione l'autobiografismo con una referenzialità cinematografica dirompente e rischiosamente esplicita (il riferimento al cinema di Truffaut su tutti). Il gesto filmico diventa terapia e allo stesso tempo strumento di scrittura per elaborare l'initimità di un dramma che nel momento di farsi cinema diventa altro. Oggetto straniante che mette insieme l'anarchia punk con Le quattro stagioni di Vivaldi, è forse uno degli esempi più scioccanti e morbosamente riusciti della forza metamorfica di un processo creativo

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Fenomeno di culto in Francia, dove ha ricevuto 6 nomination ai Cesar, l'opera d'esordio di Valerie Donzelli è un lavoro che è rappresentazione del reale vissuto dell'autrice. Romeo e Juliette si incontrano una sera in discoteca. Si amano. Fanno un figlio e sembrano felici. C'è qualcosa di strano però nel piccolo Adam. E infatti dopo alcuni controlli medici al bambino viene diagnosticato un tumore al cervello. Inizia per i due giovani genitori una via crucis tra ospedali, sale operatorie e speranze di guarigione che metterà a dura prova il loro futuro sentimentale. La guerra è dichiarata è un film sulla malattia certo, ma anche e soprattutto un film sulla coppia, che si riallaccia in modo diretto a una precisa tradizione del cinema francese.

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Contemporaneamente è un'opera che riprende nella sua struttura diaristica e nel dichiarato autobiografismo (la sceneggiatura è scritta dalla stessa Donzelli con la collaborazione dell' ex compagno Jérémie Elkaïm, ed entrambi sono qui anche interpreti) un percorso personale che si mescola nel sempre più sfumato confine tra realtà e rappresentazione. A tal proposito La guerra è dichiarata si presenta da subito come un'operazione volutamente squilibrata e frastornante, soprattutto per la sfrontatezza bulimica con cui bombarda lo spettatore di sensazioni, immagini e suoni, conferendo alla pellicola una qualità percettiva più violenta che struggente. Sin dalla scelta dei nomi dei personaggi, non quelli reali dei protagonisti ma i "lettari" Romeo e Juliette, è evidente il dichiarato intento rappresentativo dell'operazione. Una messa in scena di una realtà vissuta e (probabilmente) ancora in fase di metabolizzazione (la malattia del Gabriel, il rapporto con Jeremie), che trova, nell'atto creativo del fare cinema senza alcun tipo di freno formale, una incredibile carica propulsiva. Nell'esorcizzare questo dolore privato la Donzelli accumula materiali e soluzioni visive, si distanzia dal rigore di un possibile prototipo morettiano per immergersi completamente nella libertà stilistica delle nouvelle vague di inizio anni '60 (doppia voce fuori campo, jump-cut, zoom improvvisi, macchina a spalla, iris). Ne viene fuori un'opera ambigua e affascinante, dove l'immersione emotiva sembra quasi concettualizzata da una frenesia stilistica che prova a mettere in comunicazione l'autobiografismo con una referenzialità cinematografica dirompente e rischiosamente esplicita (il riferimento al cinema di Truffaut su tutti). Il gesto filmico diventa terapia e allo stesso tempo strumento di scrittura per elaborare l'initimità di un dramma che nel momento di farsi cinema diventa altro. Oggetto straniante che mette insieme l'anarchia punk con Le quattro stagioni di Vivaldi, La guerra è dichiarata è forse uno degli esempi più scioccanti e morbosamente riusciti della forza metamorfica di un processo creativo.

Titolo originale: La guerre est déclarée
Interpreti: Valérie Donzelli, Jérémie Elkaïm, Brigitte Sy, Elina Löwensohn, Michèle Moretti, Philippe Laudenbach, Frédéric Pierrot, César Desseix, Gabriel Elkaïm
Distribuzione: Sacher
Durata: 100'

Origine: Francia, 2011
 

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