“Margaret”, di Kenneth Lonnergan


Dopo numerosi tagli e difficoltà, esce il secondo film dell’autore di Conta su di me. Il periodo di pausa tra realizzazione e distribuzione non ha giovato a questo lungo dramma borghese: personaggi antipatici e senza valori ci sembrano troppo distanti e molti riferimenti di attualità sono troppo datati. Resta un grande Jean Reno che attraversa in sordina tutto il film per svelare quel silenzio necessario a sconfiggere una comunicazione schizofrenica e frenetica emblema della nostra società

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Nel 2005 Kenneth Lonnergan iniziò a girare Margaret con la previsione di poterne vedere l’uscita nelle sale nel 2007; vari problemi economici e autoriali portarono invece a far slittare il tutto al 2011. Ma andiamo con ordine: Lisa Cohen (Anna Paquin) è una giovane e viziata ragazza dell’alta borghesia di New York con poca voglia di studiare e un rapporto complicato con la madre, attrice di teatro. Mentre va per shopping causa involontariamente un incidente distraendo il conducente di un autobus che non vede il semaforo rosso e investe una donna uccidendola. Dapprima confusa e sotto shock, la ragazza dichiara alla polizia di aver visto il semaforo verde per proteggere il conducente e non fargli perdere il lavoro, ma dopo poco tempo il senso di colpa la devasta portandola a ritrattare la sua versione e ad iniziare una lunga battaglia per far arrestare l’uomo.

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Due ore e mezza servono a Lonnergan per descrivere il mondo ovattato e protetto dell’alta borghesia americana, ingenua e con falsi valori, idealista in modo eccessivo, ma soprattutto estremamente razzista e nazionalista. Lisa è una ragazza non adatta al vero mondo, incapace di gestire e di imbastire un rapporto con i propri coetanei e schizofrenica nei suoi continui cambi d’umore. Lonnergan rende la sua protagonista estremamente antipatica e spocchiosa e, a maggior ragione in un periodo di forte crisi economica e lavorativa, porta, forse inconsapevolmente, a “tifare” per il non licenziamento del conducente d’autobus.
Forse a causa di una produzione travagliata, non restano chiare le intenzioni del regista: ritagli di vita di un’adolescente troppo distante da noi si intersecano in mezzo ad una battaglia legale quanto mai inutile e fine a se stessa. Dal 2007 al 2011 sono passati solo quattro anni, ma sono avvenute molte, troppe cose nella nostra società, per cui il discorso sull’11 settembre ci sembra ora tanto distante, mentre è il lusso e il superfluo in cui vive Lisa che tiene incollati i nostri occhi, a tratti con fastidio. Quel fastidio che a livello di comunicazione si viene a creare tra i vari personaggi della vicenda: nessuno ascolta gli altri, ma è un continuo parlarsi sopra, parlarsi addosso perché attendere e aspettare la fine di un discorso pare troppo lungo.

Ma in realtà è un altro il valore messo in discussione: il rispetto. Il non rispetto per una donna che muore sola, la cui unica cugina spera di ricevere soldi per i propri figli; il non rispetto per una madre ed un padre troppo immaturi e distanti fisicamente e emotivamente; il non rispetto del lavoro degli altri. E allora resta solo il lamentarsi ed urlare, con il timore di non essere sentiti, col timore della solitudine.
Resta solo il silenzio ad avvicinare la persone, quel silenzio dolce ed attento che porta un grande Jean Reno, seppure per poco tempo, nella vita della madre di Lisa. E’ lui l’unica nota positiva di tutta la vicenda: i suoi modi lenti e delicati si scontrano con il rabbioso e violento stress che anima i caratteri dei familiari e dei amici dei Cohen. Se ne andrà senza clamore lasciando un vuoto forse riempito in parte dall’abbraccio finale tra madre e figlia.

Titolo originale: id.
Regia: Kenneth Lonnergan
Intepreti: Anna Paquin, J. Smith-Cameron, Jean Reno, Matt Damon, Mark Ruffalo, Matthew Broderick
Origine: USA, 2011
Distribuzione: 20th Century Fox
Durata: 150’

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