“La leggenda del cacciatore di vampiri”, di Timur Bekmambetov


Bekmambetov ha la metafora servita su di un piatto, è giusto il caso di dirlo, d’argento, e allora reinventa la vicenda personale della vita di Lincoln e la Storia d’America come una lotta senza tregua tra gli uomini e le creature delle tenebre, con la Guerra Civile combattuta dai vampiri sudisti contro le truppe presidenziali. L’idea è chiaramente anche quella della civiltà che scaccia gli arcaici mostri di un mondo primordiale, il che rende il film il secondo tassello di una sorta di dittico burtoniano (quì produttore) sul "vampirismo capitalista" insieme a Dark Shadows

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Sembra davvero un dittico quello che Tim Burton ha composto dirigendo il suo sorprendente Dark Shadows e producendo il film di Bekmambetov tratto dal romanzo epistolare di Seth Grahame-Smith, anche sceneggiatore dell’opera.
I due film spartiscono innanzitutto un’idea di vampirismo, insita invero da sempre nella natura di questi non-morti, “capitalista”: mentre il Barnabas Collins di Johnny Depp, giovane aristocratico proveniente dal Vecchio mondo per fondare un piccolo impero commerciale nelle coste d'America a metà Settecento, si ritrovava svegliatosi dal suo sonno secolare in una meschina guerra piccolo industriale a base di concorrenza sleale a inizio anni ‘70, l’Abramo Lincoln cacciatore di vampiri del titolo deve qui vedersela con i proprietari terrieri degli Stati del Sud che si ribellano alla fine della schiavitù perché, da bravi vampiri aristocratici, campano succhiando letteralmente il sangue dei neri di cui sono padroni.

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Bekmambetov ha così la metafora servita su di un piatto, è giusto il caso di dirlo, d’argento, e allora reinventa la vicenda personale della vita di Lincoln (compresa la morte del figlio) e la Storia d’America come una lotta senza tregua tra gli uomini e le creature delle tenebre, con la Guerra Civile combattuta dai vampiri che paiono invincibili alle truppe presidenziali finché Lincoln non capisce che deve armarne la baionette con proiettili argentati. Il risultato è però paradossalmente quello di depotenziare al contrario una delle grandi pagine della Nascita di una Nazione: l’idea è chiaramente anche quella della civiltà che scaccia gli arcaici mostri di un mondo primordiale, e infatti Bekmambetov pone all’inizio un inseguimento tra mandrie di cavalli imbizzarriti, e in chiusura una sequenza action gemella ma stavolta a bordo di un treno che si fa strada tra le assi di legno di un ponte incendiato.

Malauguratamente il modello di questi frammenti sembra il disgraziato Holmes di Joel Silver/Guy Ritchie, ovvero uno steampunk fracassone e terrificantemente distratto (banalmente, è ogni volta del tutto impossibile riuscire a visualizzare il perno dell’azione): se la sezione finale bellico/pirotecnica dunque non brilla, il film di Bekmambetov ha però il suo punto di forza nella parte centrale, ambientata nella cittadina di Springfield, dove il giovane Lincoln compie il proprio apprendistato segreto da cacciatore di vampiri armato di gigantesca ascia d’argento, mentre di giorno fa il garzone di bottega e inizia a frequentare la bella società per corteggiare la futura moglie Mary Todd.
E qui torniamo alla piccola Collinwood di Dark Shadows, perché la Springfield di Lincoln è piena zeppa di piccoli commercianti e uomini d’affari che nascondono il vero volto di spaventosi (seppur graficamente non proprio inediti) vampiri, che il protagonista fa secchi notte dopo notte, su indicazione del proprio maestro e addestratore Sturgess.
Una nuova Città dei Mostri come quella del bellissimo film di Corman/Price/Poe/Lovecraft, 1963, chi lo sa, forse la reale ispirazione comune di queste due opere burtoniane. Mentre nella sparizione della carrozza di Lincoln che va a teatro nell’ultima scena si agita invece (non visto?) il fantasma del Conspirator Redfordiano a venire…

Titolo originale: Abraham Lincoln: Vampire Hunter
Regia: Timur Bekmambetov
Interpreti: Benjamin Walker, Dominc Cooper, Elizabeth Winstead, Rufus Sewell, Anthony Mackie
Origine: USA , 2012
Distribuzione: 20th Century Fox
Durata: 105'

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