FESTIVAL DI ROMA 2011 – "Poongsan", di Juhn Jaihong (Concorso)


Film scritto e prodotto da Kim Ki Duk (in prima persona impegnato ad oltrepassare il pericoloso confine del suo stallo artistico cantato nello splendido Arirang) e diretto dal giovane Juhn Jaihong, Poongsaan è un corpo che unisce le due Coree. Un fantasma di libertà che si libra in quella fetta di terra che divide il capitalismo del Sud dal comunismo del Nord. Ibrido tra rarefazioni kimkidukiane e puro action honkonghese che spiazza ogni attesa…

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Poongsan

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Poongsaan è un corpo che unisce le due Coree. Il fantasma di una libertà che si libra in quella fetta di terra che divide il capitalismo del Sud dal comunismo del Nord, due distanze abissali separate solo da un “elettrico” filo spinato. Non conosciamo niente del suo passato e non conosceremo niente, sappiamo semplicemente che è un tramite: un pericoloso corriere/fuorilegge che trasporta messaggi da una parte all’altra del confine oltrepassandolo con acrobatici salti nel buio. Un trade union tra famiglie divise, amori impossibili, vita e morte. Film scritto e prodotto da Kim Ki Duk (in prima persona impegnato ad oltrepassare il pericoloso confine del suo stallo artistico cantato nello splendido Arirang) e diretto dal giovane Juhn Jaihong che qui si prende più di una licenza registica rispetto allo standard del suo maestro e produttore. Si perché Poongsan sorprende e spiazza chi si aspetta un film dalle tipiche atmosfere kimkidukiane, fatte di rarefazioni narrative e scioccanti dosi di violenta poesia: qui è solo la filosofia delle “parole” ad essere tutta di Kim, o meglio della mancanza di parole del muto protagonista (tolto uno straziante urlo disperato). Mentre l’impianto registico si rivela un misto tra il nuovo action movie americano – la saga di Jason Bourne in primis – e l’universo dei ganster-movie honkonghesi forgiato dai killer di John Woo. Ne esce fuori uno strano ibrido tra introspezione e pura azione, costellato di imperfezioni e qualche caduta di ritmo ma contagiosamente vitale nella sua foga di mostrare. L’amore bellissimo e straziante di Poongsan verso Ino-ak (una donna che farà “transitare” dal Nord al Sud per essere consegnata al suo amante, un disertore comunista geloso e paranoico) nasce e muore nei silenzi, nei gesti timidi, nelle foto rubate. Mai nelle parole: verrà fatto esplodere in uno dei baci più passionali e carnali visti sullo schermo da qualche anno a questa parte, un bacio che spezza una tortura e vola sopra ogni violenza. Poongsan, insomma, è pura azione: come un eroe melvilliano che si muove consapevole verso l'ineluttabile fine disegnata dagli altri (spie del Nord e agenti del Sud), semplici pedine incastrate nelle loro vuote convinzioni e incapaci di guardare oltre: la domanda che gli rivolgeranno costantemente sarà “Da che parte stai?”. È impossibile che un uomo non stia da nessuna parte. Poongsaan è infine un corpo/cinema che esiste solo nelle immagini che produce con la sua fotocamera: un vero regista che si esprime solo con immagini (gira video da una parte all’altra della Corea e fa transitare anche il Cinema e le sue emozioni). Diciamolo altrettanto chiaramente: il film è zavorrato da un afflato metaforico e moralizzante sulla condizione coreana attuale che a tratti smorza il piacere puramente visivo che riesce a regalare, ma Juhn Jaihoong riesce nell’intento non scontato di partire dalle ossessioni attuali di Kim Ki Duk per portare a termine un'opera altamente personale e originale. Merito non certo da poco.      

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