Festival del Cinema Africano, d'Asia e America Latina 18 – "Buddha collapsed out of shame", di Hana Makhmalbaf (concorso lungometraggi)

Buddha collapsed out of shameHana Makhmalbaf con Buddha collapsed out of shame ci consegna un’opera densa di temi sui quali riflettere che vanno dalla condizione dei bambini nelle zone di guerra a quella di un Afghanistan senza padri, dove regna una diffusa violenza. Il suo sguardo d’amore su questo mondo e sulla sua piccola protagonista è condivisibile ed elimina ogni dubbio sulla coerenza morale dell’opera.

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La tenerezza è la vera posizione morale. Non riesco riconoscere come forma artistica qualcosa che manchi di tenerezza.

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Roberto Rossellini

 

 

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Buddha collapsed out of shameIl film di Hana Makhmalbaf pone, innanzitutto, prima cioè di un esame formale e/o del suo contenuto, un quesito che ruota attorno all’etica dello sguardo al quale va data una risposta.

Dopo l’incipit nel quale vengono riproposte le immagini dell’esplosione delle statue di Budda ad opera dei talebani nel marzo del 2001 nella valle di Bamiyan, il film è la storia di una giornata di Bakthay che porta con disinvoltura i suoi 4 o 5 e che vuole andare a scuola per imparare le “storie divertenti”. Ha necessità di un quaderno e va al mercato, vende le uova e con quei soldi lo acquisterà. Ma la sua giornata sarà una lunga peregrinazione vittima di giochi crudeli e piccole angherie che restituiscono, attraverso i suoi innocenti, disarmanti e disarmati occhi il senso di violenza diffusa e di precarietà in cui sono costretti a vivere adulti e bambini in quelle situazioni.

Hana Makhmalbaf costruisce un film apparentemente semplice, ma dalle complesse implicazioni che riguardano i temi di cui si accennava prima, un film coraggioso oltre che dalla trama sapientemente orchestrata.

Dalla lezione rosselliniana abbiamo appreso che la vera posizione morale di un artista è quella di guardare all’uomo senza pregiudizi con quella tenerezza e quell’amore necessari per la comprensione e la tolleranza. La Makhmalbaf fa propria questa posizione quando, senza il cinismo che lo annullerebbe, mette in mostra però lo scandalo cioè, nella accezione pasoliniana, fa esplodere le contraddizioni o piuttosto consente l’emergere di una verità negata. Lo sguardo della testarda  Bakthay è per l’autrice il catalizzatore di questa finalità, nel resto (ancora rossellinianamente) è il personaggio che vive la propria storia e che si costruisce anche con le facce dei propri coetanei maschi, nella sequenza dolorosa ed emozionante che vede la bambina vittima di una finta lapidazione, con i sentimenti di rabbia o di dolore della protagonista stessa nell’altra lunga sequenza girata nella classe dove altre bambine le impediscono di sedersi. Ma non c’è mai pietosa rappresentazione del presente, non c’è nessuna indulgenza al dramma, il dramma è la vita stessa di Bakthay e degli altri bambini che sono costretti a vivere quella condizione. Pertanto, se si condivide l’indirizzo teorico di Rossellini, il film risolve in positivo ogni problema che ci si era posti, sia rispetto alle scelte formali adottate, sia rispetto a quelle legate al suo contenuto.

Il cinema iraniano ci aveva abituati, nel passato, con l’ora silente Kiarostami, a gettare uno sguardo sull’infanzia amorevoBuddha collapsed out of shame_1le ma inconsueto e immediato e che aveva trovato in Dov’è la casa del mio amico? L’espressività più piena e la grande sapienza, non comune, per interpretare, con prospettive differenti e più profonde rispetto al puro atto del narrare, il mondo infantile e le sue inquietudini al di là di qualsiasi psicologismo televisivo.

La Makhmalbaf raccoglie questo ingombrante insegnamento e firma un’opera che nonostante tutto la espone a non pochi rischi e qui sta il suo coraggio. Chi scrive non ha mai amato le operazioni che furbescamente catturano la benevolenza del pubblico e ha diffidato da genialità familiari diffuse, ma qui le cose stanno in modo differente. La Makhmalbaf fa di Bakthay non solo la protagonista di un film, ma qualcosa di più, quando conduce il proprio progetto proprio sulle emozioni della sua giovanissima protagonista, ma ancora meglio, sulla sua esclusiva forza del carattere. Scelta lecita, eticamente condivisibile, che allontana qualsiasi timore di cannibalizzazione del personaggio stesso attraverso un uso illegittimo di quelle emozioni. Nella costruzione di questo dramma moderno o commedia drammatica, se si preferisce, la Makhmalbaf conduce l’opera con grande coerenza morale, sin dagli assunti di cui all’esplicito incipit, colpe e responsabilità che perfino gli dei non possono sopportare!

Non resta che porre rimedio e costruire una nuova civiltà, sembra suggerirci l’autrice, qui un Afghanistan che ha bisogno di nuovi padri, ma soprattutto che non ci siano più luoghi dove i bambini piangano nella terra dove si lasciano piangere i bambini.

 

 

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