PESARO 46 – "Koktebel" (Roads to Koktebel), di Boris Khlebnikov e Aleksey Popogrebsky (Nuovo cinema russo – Omaggio Koktebel)

koktebel

Koktebel è una città della Crimea sul Mar Nero. Padre e figlio viaggiano a piedi per raggiungerla. Khlebnikov e Popogrebsky hanno realizzato il film omonimo nel 2003 e grazie al successo la casa di produzione ha preso lo stesso nome. Il personaggio del ragazzo, modellato sul truffatiano Antoine Doinel, con le sue evoluzioni adolescenziali e la sua crescita interiore è il vero protagonista del film.

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koktebelI due registi forse più rappresentativi tra quelli che ruotano nell’orbita della giovane casa di produzione Koktebel, nel 2003 hanno firmato a quattro mani questo film il cui successo è diventato tanto carismatico da fare attribuire alla nascente casa di produzione lo stesso nome del film.

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Tema ricorrente, ad ogni latitudine, quello del viaggio è anche al centro di questa meditativa opera che sotto le spoglie di un racconto di un rapporto padre/figlio, in realtà indaga, sulle evoluzioni adolescenziali e la crescita interiore del giovane protagonista.

Rimasto vedovo un ingegnere lascia Mosca portandosi dietro il figlio per raggiungere Koktebel una città della Crimea sul Mar Nero dove vive una sua sorella. Il lungo viaggio a piedi per i due personaggi che nel film non hanno un nome, sarà occasione di incontri e nuovi amori per lui, ma questo rischia di mettere in crisi il rapporto con il figlio. Il film è stato molto amato e premiato ai festival ai quali ha preso parte: Cannes 2004 dove ha vinto il premio FIPRESCI e a Karlovy Vary nel 2003. Per una coincidenza, non rara nel cinema, in questi giorni sugli schermi dei nostri cinema passa The road un’altra storia che segna, ma con altri intenti, il rapporto tra padre e figlio durante un altro lungo viaggio a piedi dentro una assoluta desolazione.

Le parole del regista hanno confermato che durante la scrittura del personaggio del ragazzo i due autori hanno molto pensato ad Antoine Doinel l’alter ego di Truffaut da I 400 colpi in poi.

In effetti quanto a gesta il ragazzo di Koktebel non ha molto da spartire con Doinel, la sua ribellione non è quella di Antoine, e la sua vita interiore fatta di riflessività sopravanza l’esuberanza fisica che accompagnava il personaggio di Truffaut. Ma in entrambi sicuramente c’è la stessa bruciante volontà di entrare nella vita, nel mondo, lo stesso desiderio di conoscenza e se la fuga di Antoine, per vedere il mare avviene attraverso la vegetazione e l’altra, invece, grazie ad un passaggio su un camion, l’emozione di entrambi nel raggiungere il mare e cercare in quel luogo la propria dimensione futura, è, nel suo identico valore, commovente e capace di trasmettere lo struggente e inafferrabile desiderio di trattenere attimi della vita per farli diventare eterno simbolo di un’esistenza.

Il cinema e la letteratura russi, hanno una grande tradizione nell’introspezione psicologica dei personaggi e queste opere del nuovo cinema che sta caratterizzando la Russia di questi anni e che sta passando sugli schermi di Pesaro, non si discosta da questa consolidata struttura narrativa. Anche due giovani autori (entrambi hanno 38 anni) raccolgono l’eredità del passato lavorando con cura attorno ad una storia, che non pur non brillando in originalità, cattura l’attenzione per la sincerità complessiva dell’operazione e per la purezza dei personaggi, del ragazzo principalmente,    la cui figura sul pontile proteso sul Mar Nero lascia un segno, nella dimensione di forte interiorizzazione, nel finale che diventa una rilettura del passato e una paziente attesa del futuro e Koktebel, questa volta la città, il luogo mitico di questa trasformazione.

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