RAVENNA NIGHTMARE FILM FEST 2010 – Le occasioni mancate

Red, White and Blue
Edizione sottotono nella quale, paradossalmente, di horror puro se ne è visto poco, e neanche di eccezionale. Eppure, al di fuori dei generi, il Ravenna Nightmare Fest ha comunque regalato momenti interessanti sui quali è bene tornare: è il caso dell’intrigante e atteso Red, White & Blue, il quale nonostante i molti difetti si è rivelato una visione angosciante e tutt’altro che riconciliata dei fantasmi dell’America più profonda

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Red, White & BlueNon si può certo dire che quella appena trascorsa sia stata la migliore tra le edizioni del Ravenna Nightmare Film Fest: troppi i titoli trascurabili (per usare un eufemismo) e troppe le delusioni, per non parlare di alcuni disagi nell’organizzazione che hanno portato molti accreditati (tra i quali proprio noi di Sentieri Selvaggi) ad essere tagliati fuori dalla cerimonia finale e dalla proiezione dell’atteso A Serbian film; per ciò che concerne la qualità medio-bassa del concorso, la responsabilità non può certo essere attribuita esclusivamente ai selezionatori del festival, segnale che probabilmente il genere horror sta attraversando da almeno due anni a questa parte un momento di stallo, speriamo breve. E non è una coincidenza infatti che alcuni dei titoli presentati avessero poco o nulla a che fare con l’horror, ed è proprio di quelli che ci sembra più stimolante occuparci : è il caso appunto dell’interessante Red, White & Blue di Simon Rumley, regista dell’apprezzato The Living and the Dead. Pellicola profondamente radicata nello spirito e nella polvere della provincia americana più profonda (Austin, Texas): storia di solitudine e malattia, di violenza e vendetta (di quest’ultima soprattutto, il vero e proprio leit motif dell’intera manifestazione). Erica è una giovane ragazza che si guadagna da vivere facendo lavori saltuari e che tutte le sere porta a letto uno sconosciuto diverso; Franki è un musicista che sogna un contratto discografico e ha una madre malata di cancro; Nate ha un passato violento ed è stato congedato (“con onore”) dall’Iraq. Le loro strade si incroceranno, e le conseguenze saranno tragiche per tutti. Come ha sottolineato il regista stesso introducendo la proiezione, il film non è affatto un horror, eppure non potrebbe essere più orrorifico di così: il ritratto del Grande Paese è disperato e senza speranza, la violenza e la malattia diventano un tutt’uno in grado di ammorbare qualsiasi corpo, qualsiasi pensiero, qualsiasi sentimento. La carne al fuoco è tanta, e la materia è indubbiamente stimolante: eppure in Red, White and Blue esiste uno scarto non indifferente tra i contenuti e la materia filmica stessa. Incapace di dare una forma e un senso all’orrore che vuole rappresentare, Rumley gioca di accumulo, come se l’unico modo per rappresentare la violenza sia moltiplicarla fino all’inverosimile; sovraccarico, esagerato, senza una regia forte e consapevole: per quanto interessante e da non sottovalutare, Red White & Blue è un animale a briglia sciolta, un ritratto nerissimo troppo bisognoso di trovare una forma vera e propria, al quale non sono sufficienti alcune trovate di montaggio o alcune ellissi nel racconto per trasformarsi in cinema compiuto. Peccato. E sempre a proposito di occasioni mancate, è bene spendere alcune parole su un film che probabilmente in Italia non vedremo mai ma che merita un minimo di attenzione: Beyond the Black Rainbow di Panos Cosmatos, giovanissimo regista di origini italiane qui al suo esordio. Detto senza mezzi termini, stiamo parlando di un’opera mediocre: eppure, se abbiamo deciso di ritagliargli un piccolo spazio è perché non è certo un film sul quale soprassedere facilmente. Incredibilmente ambizioso e pretenzioso, incomprensibile nella trama, dilatato in maniera inverosimile nel ritmo: Beyond the Black Rainbow è un oggetto stranissimo e inclassificabile, visivamente straordinario, a metà strada tra  Solaris di Tarkovsky e L’uomo che fuggì dal futuro di George Lucas, profondamente onirico e con una colonna sonora elettronica che non ascoltavamo almeno dagli anni Ottanta. Irritante e innegabilmente noioso, inconcludente, faticoso: eppure, siamo pronti a scommetterci, se il giovane Cosmatos (anche sceneggiatore) riuscirà in futuro ad abbassare le ambizioni e a tornare sulla terra, allora sì che risentiremo parlare di lui, e bene. Solo il tempo ci darà una risposta…

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