BERGAMO FILM MEETING 30 – "Milongueros", di Andrea Zanoli e Andrea Zambelli (anteprima)

MILONGUEROS, documentario di Andrea Zanoli e Andrea Zambelli - BFM 2012
Gli anziani milongueros di Buenos Aires stanno al mondo danzando, in una loggia lynchiana del per sempre milonga: non solo perché, banalmente, danzare è fare l'amore, quanto perché danzare è sospendere il tempo e infine farsi sorprendere, ballando, dalla morte. Nel documentario Milongueros, in prima mondiale al BFM 2012, diretto da Andrea Zanoli e Andrea Zambelli di LAB80

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MILONGUEROS, documentario di Andrea Zanoli e Andrea Zambelli - BFM 2012Basta osservare come stirano i propri vestiti, sgargianti o distinti, o tutte e due le cose insieme, con quale attenzione: non meno che il sarto ne La mano di Wong Kar-Wai, che costruisce l'amore immaginando i vestiti che taglia sul corpo della bella donna che li indosserà, i milongueros iniziano a evocare la magia immaginando giacche e pantaloni sui loro stessi corpi, ma danzanti: quel corpo fermo che diventa stranamente più nudo con i vestiti addosso, perchè pronto a officiare il rito.
I documentaristi Andrea Zanoli e Andrea Zambelli, guidati da Jorge Juanatey, che ha scritto i testi del film e funge da narratore e da cicerone, vengono ammessi a filmare nelle milonghe storiche di Buenos Aires, e scelgono intelligentemente di scomparire, intenti ad addentrarsi pienamente nella realtà del tango milonguero, e se possibile a catturarne una scintilla.

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É il tango che questi vecchi eroi veterani hanno iniziato a ballare fin da bambini, nei quartieri poveri, senza frequentare nessuna scuola. Come hai imparato? Gli si chiede. Mirando – è la semplice e incantevole risposta. Questa insistenza su un occhio che desidera e che finisce per trasmettere al corpo i passi giusti ha un peso importante: uno di loro, lo racconta, è ancora il ragazzino dei giornali, magari senza scarpe e senza cibo, che guarda al di là del vetro della pasticceria: solo che stavolta il paradiso è il club dove si balla il tango, e grazie al giornale da consegnare al custode, il ragazzino può entrare e osservare tutto. Mirando, si innamora, cioè impara. Non è tanto un'esigenza di riscatto sociale, in realtà – anche se si percepisce nei volti segnati di questi signori la densità delle loro infanzie – ma un riscatto che si opera comunque, nella forma di una passione totalizzante, ripetuta con gioia sempre nuova per 70 anni di vita.

Una mappa del corpo umano: gli occhi (con cui ci si avvince, si impara, ci si lega alla milonga) la direzione dello sguardo e dei piedi (sempre avanti, camminando con naturalezza e guardando sempre la compagna) il cuore (della compagna di ballo che "a volte batte più forte, lo percepisci sotto la giacca") le braccia (su questo non si transige: l'abbraccio deve essere intimo e stretto. Questo importa, non le acrobazie o i ghirigori di certe moderne scuole di tango). Va bene, ballare il tango è fare l'amore, è una banalità: ma un tempo questo potenziale del contatto tra i corpi fusi nella musica era avvertito così distintamente, raccontano, che era impensabile danzare con la novia di un amico senza causare una guerra e magari la morte. Alcuni balli sono storie d'amore, ne convengono, i vecchi scapoli milongueros; però spiegarne l'origine è difficile. Come una specie di epifania "può accadere anche con una donna con la quale hai già danzato, ma all'improvviso c'è qualcosa… una comunione".

MILONGUEROS, documentario di Andrea Zanoli e Andrea Zambelli - BFM 2012Ricardo Suarez, Tito Roca, Alberto Dassieu, Flaco Dani, Eduardo “Nene” Masci, Hector “Cachirulo” Pellozo, Julio Duplaa, Ricardo “Tito” Franquelo… cosa distingue questi anziani milongueros, che si ritrovano a cena e poi al Sin Rumbo – aperto nel 1919 – in cosa differiscono da un gruppo di attempati vitelloni per i quali la notte è il momento della baldoria? In tutto. La fierezza, un'eleganza che non viene simulata con il denaro ma coltivata come qualità spirituale, una vibrazione volitiva negli occhi e nelle parole, l'appartenenza a quella che Juanatey chiama un'estetica, ma anche un'etica, una "ecologia del tango che rifiuta l'estinzione". Qui il fine è la milonga stessa, non solo il ballo, ma l'universo che dischiude, compreso quello mitico degli anni '20, che rievocano con nostalgia: tango, cavalli, boxe, gioco d'azzardo; e le ragazze, le compagne di ballo; e quel codice che tutti i milongueros sintetizzano con la parola "rispetto", che comprende convenzioni, abitudini, più un modo di sentire, in verità, che delle regole: uno slancio che permette anche l'improvvisazione,un ritmo sottile che commuove i ballerini prima ancora di chi li osserva, eppure deve trasparire anche all'esterno.
Si parla di sentimento, non di sentamentalismo: di un qualità romantica della milonga che però non ha a che fare con la formazione di una coppia, ma con un allenamento a vivere: il tango milonguero è per loro ballare la musica, ma più ancora "ballarne le pause e i silenzi". Se riuscissimo a danzare le pause e i silenzi delle nostre esistenze quotidiane…

Quella filmata da Zanoli e Zambetti è una specie di loggia lynchiana del per sempre milonga, una cerimonia in cui tra i più giovani, emozionati, ma più rigidi, i vecchi avventurieri si muovono leggeri. Sembra che abbiano capito che sul tessuto fragile dell'esistenza si può affondare gravati dal peso, ma anche scivolare per tre minuti di misteriosissima passione."Il tango va dove vuole" conclude un milonguero, scacciando le lacrime. Questi intensi cinquanta minuti si chiudono così. Danzare è sospendere il tempo, farlo vorticare. E quale modo migliore di farsi sorprendere dalla morte? "É così che vorrei andare via, danzando, con una donna tra le braccia"…
 

 

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