RENDEZ-VOUS – "Foxfire, confessions d'un gang de filles (Ragazze Cattive)", di Laurent Cantet

Brucia il film di Laurent Cantet, brucia di vita e di passioni. Come le due fiammelle simbolo delle fragili Foxfire, come il loro motto “foxfire burns and burns!”, come la giovinezza che sfuma in un soffio nella notte portando via il cinema con sé. Si spegne l’inquadratura. Rimane solo la memoria. Tratto dal bestseller di J. C. Oates, nascita e fine di una gang femminile nell’America degli anni ’50, giovani vite che sognano oltre il loro tempo…

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FoxfireBrucia il cinema di Laurent Cantet, brucia di vita. Come le due fiammelle simbolo delle sue fragili foxfire, come il loro motto “foxfire burns and burns!”, come le lacrime, il sangue e le passioni che ricorderanno. Tratto dal bestseller di Joyce Carol Oates, Ragazze Cattive, questa è una tappa importante per il cineasta francese: l’esordio in una coproduzione internazionale, girato in lingua inglese, storia intimamente americana. Ma non per questo Cantet rinuncia al suo personalissimo sguardo sulle cose e sul mondo, producendo una straniante e fertile commistione tra umori e linguaggi. Tra Europa e America più profonda.

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Il film inquadra innanzitutto l’adolescenza, la stagione dei conflitti primi (questa volta in strada, fuori da La Classe) e delle ostentate contraddizioni. Seguendo le tracce del romanzo ci catapulta nelle dinamiche interne di una gang “società segreta” al femminile, negli anni ’50, nata come reazione alle prepotenze maschili e che faccia detonare ogni intimo desiderio di libertà. Insomma si sta parlando di “una banda di ragazzine che vorrebbero ingoiare il cielo e spalancare l'orizzonte” come il regista stesso dichiara. Un soggetto, pertanto, che diventa personalissimo per Cantet: autore che continua imperterrito a sondare spazi più vasti della sua inquadratura, oltre l’orizzonte imposto ai sui personaggi dal tempo che vivono. Proprio come il Vincent di A tempo pieno o le signore annoiate di Verso il Sud il cuore di Foxfire sta tutto nel desiderio intimo delle giovani protagoniste di evadere dal loro mondo e dai loro confini, per costruirne di nuovi e di più felici. Utopie forse, le chiamano ancora così…

ragazze cattiveLe foxfire nascono nella notte, in un abbraccio solidale tra la malinconica Molly e la visionaria Legs, ragazzine che devono sostenersi a vicenda per non morire di troppa realtà. E non si ha il minimo timore a incunearsi nel lato buio dell’adolescenza, con atti di violenza e prevaricazione a cui si reagisce: piccoli atti di rivolta, piccole infrazioni, che Cantet filma con estremo coraggio. Non ha paura di far domande allo spettatore questo film, di porre dilemmi senza giudicare mai, di scatenare affezione e repulsione verso personaggi sempre complessi e veri. Siamo nel 1955, un attimo prima l’epoca delle lotte e delle utopie di massa, ma non si avverte mai la sensazione di una posticcia ricostruzione storica: perché se “molti film storici hanno qualcosa del museo, soprattutto nei costumi, o in un linguaggio che si sforza di integrare le espressioni del tempo", qui si riesce sempre a sfuggire il rischio. Ecco, in questo film c’è l’insistita volontà (simile all'ultimo Assayas) di associare qualsiasi rivoluzione, dalla più dolce alla più violenta, alle pulsioni infantili. Come se la purezza originaria dell’ide(ologi)a – che produce terribili incongruenze – debba essere confinata in una stagione acerba della vita: forse la più tragicamente vera. Una stagione da "raccontare" solo dopo, con la consapevolezza raggiunta della complessità di ogni fenomeno, passione, battaglia, vittoria o sconfitta. Maddy scriverà un diario, come Gilles in Qualcosa nell’aria immaginerà un film.

ragazze cattiveFoxfire sfiora con estrema leggerezza e serietà un’infinità di suggestioni storico/culturali: le rivendicazioni femministe, la lotta per i diritti delle minoranze, l’omosessualità latente, la costruzione utopica di nuovi modelli di famiglia e comunità, l’integralismo ideologico che partendo da sacrosante rivendicazioni a volte produce tragiche storture. Ma c’è sempre un oltre: “si parla troppo di Felicità in America, la felicità sfugge via, la felicità è solo nel movimento" dice il vecchio predicatore socialista che incontrano le giovani. E Cantet ne è convinto: il suo cinema è perennemente nel momento, un tutt’uno con i suoi attori/personaggi/persone, fuso alle emozioni e ai corpi in movimento. Un cinema che erompe a colpi di sguardi fulminei illuminando ogni storia: come lo splendido scambio di sguardi in tribunale tra la dura e pura leader del gruppo, Legs, e il padre che se ne va via lasciandola di nuovo sola. Una enorme e struggente eredità sentimentale configurata in un singolo frame. Insomma: brucia di emozioni sincere questo film. Come la giovinezza che sfuma in un soffio nella notte portando via il cinema con sé. Si spegne l’inquadratura. Rimane solo la memoria.

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