SOME PREFER CAKE 2013 – Guerriere tra i corti

SOME PREFER CAKE 2013 - i cortometraggi. Cherry Waves, di Carey Williams

Nei cortometraggi di Some Prefer Cake 2013, provenienti da tutto i mondo, uno spirito guerresco e incendiario si rivela nelle figure di ragazze e donne stanche di essere dipinte dall'esterno e pronte a sperimentare il proprio autoritratto senza temere cicatrici

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Dedicata al tema della resistenza, questa VII edizione di Some Prefer Cake, festival internazionale di cinema lesbico (Bologna, 18-22 settembre 2013) è una finestra spalancata dove l'aria fresca, la voglia di sperimentare di cineasti giovani e audaci, entra soprattutto dalla parte dei cortometraggi: una selezione frutto di un attento lavoro di ricerca che propone affiancati lavori mai banali nei contenuti, anche quando il linguaggio è tradizionale, brevi e intensi squarci di desiderio e di affermazione di sè, commedie e drammi, tessere di un universo che si rivela nelle specificità dei tanti paesi in cui prendono vita (non solo Usa e Europa: Giappone, India, Cina, Nepal, Russia).

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SOME PREFER CAKE 2013 - Cherry Waves, di Carey WilliamsMa anche, nell'ottica di una ridefinizione di un immaginario avvertito come asfittico e limitante, storie che nascono all'interno del vissuto quotidiano, cucite sulla pelle delle protagoniste e girate con mezzi economici e molta inventiva (le web series: due italiane e una turca). E uno spirito guerresco e incendiario che si rivela nelle figure di ragazze e donne stanche di essere dipinte dall'esterno e pronte a sperimentare il proprio autoritratto senza temere cicatrici. Con sguardo fiero, e seduttivo, per il piacere e la gioia di essere se stessi e non per una richiesta di conferma esterna, come lo sguardo di Aurelie Lemanceau, performer e attrice (recentemente in una piccola parte in La vie d’Adèle) che è stata ospite di Some Prefer Cake durante la serata di inaugurazione.

Tra tutti i corti spicca Cherry Waves, vincitore di numerosi premi internazionali come miglior corto, tra cui quello assegnato da HBO all'American Black Film Festival 2012: il regista Carey Williams ci scaraventa di peso in una storia di combattimenti clandestini che potrebbe essere uscita dalle pagine del Craig Davidson di Fighter e Ruggine e ossa: un mondo antispettacolare dove la carne cede sotto i pugni per sbarcare il lunario e non per conquistare qualche titolo improbabile, dove spaccare la faccia all'avversario è l'unico talento che finora si è riusciti a esprimere.

Solo che stavolta chi lotta è una ragazza, che si misura anche con la sadica performance del combattimento misto pur di assicurare una rendita alla madre anziana e ammalata e una via di fuga per se stessa e per la sua donna. Se dal passato si può fuggire con un ultimo disperato colpo di reni e con un atto di coraggio, dall'abbraccio rancoroso della madre non si scappa: in pochi minuti Williams, forte anche dell'interpretazione autentica delle sue attrici, ci racconta che l'Eden California non sarà mai tanto lontano da strappare la sua eroina all'umido, penitente paesaggio da profondo sud in cui Jesus viene invocato come una litania dai suoi adepti per condannare sentimenti ben precisi. Come filo conduttore, l'unica preghiera possibile: "lasciami essere me stessa, amen". Dedicato a una madre che non si comprende, ma che si continua ad amare.


Tsuyako
, corto vincitore di una quarantina di premi in tutto il mondo, è la tesi di laurea  (finanziata in postproduzione su Kickstarter) della giovane filmmaker giapponese Mitsuyo Miyazaki. L'impianto classico, la fotografia curatissima, l'attenzione ai dettagli permettono di raccontare una saga familiare e più generazioni in una ventina di minuti, partendo dal Giappone del dopoguerra fino ad arrivare ai giorni nostri, sintetizzando in una storia d'amore non del tutto compiuta il sentimento e lo spirito di un'intera cultura e i suoi cambiamenti.
 

"SOME PREFER CAKE 2013 - Tsuyako, di Mitsuyo MiyazakiScopriamo la vita nella morte" sintetizza la regista: durante il 10°della scomparsa di una nonna molto amata, rinviene alcune vecchie fotografie che nessuno dei suoi familiari aveva mai visto. Le resta impressa l'immagine di quella giovane donna vibrante, obbligata a una posizione e a un contesto rigoroso, seduta accanto a un'altra giovane donna. "Il suo sguardo, i suoi gesti mi parlavano di qualcosa che trascendeva l'amicizia" racconta. Eppure, dal matrimonio combinato che probabilmente le ha impedito di vivere quella passione, nasce la madre di Mitsuyo, e Mitsuyo stessa si ritrova a immaginare cosa è stato di quelle carezze che in foto non compaiono.

Tsuyako mostra la realtà dura della fabbrica, l'ostilità della società dell'epoca verso colei che non generava un erede maschio, mostrando in controluce una Tokyo moderna che sta nascendo. Ma trova tutto il tempo di soffermarsi su piccoli gesti di candore che come spesso accade nella cinematografia giapponese già contengono il parossismo e l'estasi sessuale, con il pregio di offrire una figura di marito che in qualche modo dolorosamente comprende dolorosamente l'amore di sua moglie, innamorata di un'amica d'infanzia ma incapace di abbandonare i figli per seguirla nella metropoli, mentre è proprio un'altra donna, sua madre, che incarna il peggior dispotismo conservatore: "senza di noi tu non sei niente", è la condanna della donna più anziana verso la giovane protagonista.
 


Du und Ich
di Esen Isik (regista turca che vive in Svizzera) è una piacevole sopresa: parla di adolescenti con freschezza, realismo e precisione non comune. In un caseggiato di periferia basta poco a improvvisare una festa di compleanno su un terrazzo, e i panni del bucato sono i sipari e i magici tendaggi che svelano la bellezza e l'amore.

Due quindSOME PREFER CAKE 2013 - Du und Ich di Esen Isikicenni: Sevilay vive in una famiglia tradizionalista, con madre che non prende posizione e capofamiglia al quale si devono portare le pantofole non appena rientra a casa; Linda non se la passa meglio, ignorata da una madre svampita che amoreggia con un fidanzato discutibile. Verrà il conflitto, ma l'adolescenza ribelle e invincibile, tenera e gaia, avrà la meglio.

5 sporchi minuti nasce da un colpo di fulmine: la regista Tania Varroni si innamora di un testo della scrittrice trentenne Maura Chiulli (Out. Storie di ordinaria discriminazione) e con la stessa Maura come interprete, costruisce un racconto un po' soffocato da un'estetica rutilante da videoclip e da un uso delle musiche che non concede tregua. La sua originalità arriva nel finale, con la rappresentazione metaforica eppure letterale del "mal d'amore" che si propaga dal corpo della donna tradita a quello della sua compagna infedele.
 
Mary Mae è un ottima sintesi per il canadese Kristian Lariviere, già autore di diversi corti premiati, fin da giovanissimo appassionato di cinema, specie horror (ha girato i primi esperimenti a 12 anni) che imbraccia la RED per raccontare la deliziosa favola di un'attempata, goffa Cappuccetto Rosso: una suora che entra in chiesa per confessarsi, ma che durante la confessione viene invasa dai flashback di una festa in maschera e dal ricordo di un epico bacio per concludere che alla fine, Dio non potrà che comprendere dove si situa davvero il bene…
 

 
Viene dalla Turchia Pardon! Kim, Ben mi?, diretto da Ipek EfeBerna Küçülmez: dopo un inizio vagamente dolaniano, la giovani registe (una anche interprete) sfoderano estro e sense of humor: assistiamo alla trafila dei colloqui lavorativi, dove le sue competenze passano in secondo piano rispetto al suo rifiuto di vestirsi da signorina diligente, la vediamo spogliarsi del "costume di scena" di abiti e trucchi per riprendere contatto con il suo fisico asciutto da tomboy e infine offrirci una scelta paradossale al momento di trovare una collocazione in una società che non riesce a fare a meno di una divisa. In sala è presente parte della piccola e appassionata troupe che rivendica anche questo piccolo passo come un momento importante per l'affermazione di sè in un paese che ha ancora troppi problemi dal punto di vista della libertà.
 

SOME PREFER CAKE 2013 - Pardon! Kim, Ben mi? di Ipek Efe e Berna KüçülmezSemplice, breve e riuscito, ci lascia soddisfatti come un aforisma particolarmente acuto The Beginning, scritto da Milena Chernyavskaya, giornalista dissidente russa fondatrice della prima rivista lesbica uscita nelle edicole, e diretto da Eleonora Zbanke: una commedia degli equivoci che vede Daria assediata da imprevisti regali per il suo compleanno, regali troppo ardenti e problematici che deciderà di lasciare al suo avvenente fratello…

Infine The Womanhood della statunitense Yvonne LaBarge – altro progetto cofinanziato grazie a una campagna su Kickstarter – gioca con simpatia con i clichè dei supereroi da fumetto: una madre convince sua figlia che l'arrivo del ciclo coincide con l'ingresso in una società segreta: la Donnità, e che da ora in avanti dovrà imparare a controllare i suoi superpoteri…
 

 

SOME PREFER CAKE 2013 - Re(l)azioni a catena - BADhOLEIl fenomeno delle web series, che abbiamo spesso affrontato (dal punto di vista critico ma anche pratico), produce LSB The Series delle romane Geraldine Ottier e Floriana Buonomo e Re(l)azioni a catena delle torinesi BADhOLE.

La prima proposta, ancora in fase amatoriale, soffre dei mezzi ridotti all'osso e dell'assenza di una crew di professionisti, ma viene proiettata all'interno del Festival anche come momento di incentivo e di incoraggiamento per le nuove generazioni di giovani cineaste: le giovani autrici, che lavorano in un video noleggio (come Tarantino) hanno realizzato già 12 puntate completamente da sole, utilizzando le proprie ferie…

SOME PREFER CAKE 2013 - Amica Nostra Angela, di Nadia PizzutiRe(l)azioni a catena – per quanto sempre low budget – è invece un prodotto già connotato, ben girato, sorretto da una sceneggiatura solida, gag riuscite e dialoghi puntuali, oltre che da personaggi carismatici e figure di contorno divertenti (la fantastica domestica russa Olga, la teen sboccata Chiara) opera di un collettivo che punta tutto su un umorismo intelligente per narrare precarietà del lavoro e chimica degli affetti.
 

Amica nostra Angela, documentario di Nadia Pizzuti, è il ritratto della filosofa napoletana Angela Putino, non solo e non tanto in veste di pensatrice audace e brillante, quanto di padrona di casa di una casetta invasa da gatti, libri, frutti, cibi: il centro di una vita spesa in sensi e parole, corpo e spirito, attorno al quale gravitavano donne di ogni età.

Guidate da uno scugnizzo o streghetta, voce dissonante anche tra le intellettuali femministe dell'epoca, amatissima ma anche non compresa, determinata a produrre pensiero di differenza e alterità invece di cadere nella trappola dell'uguaglianza, tra le prime a concentrarsi sui temi del biopotere sulla scia dei fiosofi francesi e portatrice di quello spirito "inaddomesticato" che fu il fondamento delle sue teorie.

Non alle donne alle quali il papa ha chiesto di salvare il mondo si rivolgeva Angela, o alle imprenditrici "produttive" a quote rosa inquadrate nello stesso sistema che genera il male: ma alle giovani guerriere che intendono vivere pienamente, e libere da ogni condizionamento, la loro esistenza.

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