CINEMONDO 2013 – Les terrasses, di Merzak Allouache

les terrasses
Le storie che si intrecciano e si dipanano tra Les terrasses sono bozzetti, piccole linee. Tracce di vita quotidiana che si compongono nella totalità di un paesaggio in cui le cose e i personaggi hanno un tratto accennato, ancora volutamente indefinito. Ma a un’osservazione prolungata, a seconda di come cambia la luce, quei tratti possono anche raggiungere un’altra intensità. Dal Concorso di Venezia al Cinemondo di Villa Medici, il cinema di Merzak Allouache, questa sera alle 19.30.

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les terrassesDa Bab El-Oued alla Casbah, dalle alture di Notre-Dame d’Afrique fino al centro, un’intera giornata vissuta tra i quartieri di Algeri. Dal Fajr, la preghiera dell’alba fino all’Isha, la preghiera della notte. Un arco di tempo ristretto che si moltiplica per la moltitudine dei vissuti e delle esperienze.

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La liturgia scandisce gli orari, i ritmi, le abitudini. Ma tra un atto e un altro di essa si è prodotta una voragine. Come se, effettivamente, una delle faglie che corrono sotto la città si fosse mossa con troppa forza. Come è chiaro che sia, dietro la forma di ogni devozione è nascosto un tradimento e il rito cede il passo al reale.

 

E Allouache decide di raccontare proprio questo scollamento tra la fede e il vissuto, tra l'immagine e la sostanza. Anche a costo di forzare la mano e le situazioni e di risultare didascalico. Come quando mostra lo sheikh che non si fa scrupoli di ambire alle grazie di una giovane sposa venuta a chiedergli consiglio. O suggerisce che una riunione di preghiera è un’ottima occasione per spacciare droga.

 

les terrasses allouacheLe storie che si intrecciano e si dipanano tra Les terrasses sono bozzetti, piccole linee, tracce. Tracce di vita quotidiana, che, pian piano, si compongono nella totalità di un paesaggio in cui le cose e i personaggi hanno un tratto solo accennato, ancora volutamente indefinito.

 

Ma a un’osservazione prolungata e ripetuta, a seconda di come cambia la luce, quei tratti possono anche raggiungere un’altra intensità, addensarsi in grumi di colore ruvido e grezzo o aprirsi in scie che hanno la forma di schegge più taglienti: il vecchio zio pazzo rinchiuso a chiave, il boss che arriva a estremi insospettati, un amore platonico proibito che finisce male.

 

merzak allouache les terrassesAllouache sembra sempre più impegnato a mostrare il riflesso terribile e sconosciuto dell’Algeria moderna. Si muove nella sua città dolente, dove si sorride, si spera e si suona ancora, ma dove non sembra esserci davvero più spazio per la leggerezza di un altro Omar Gatlato.

 

“Il caos ha raggiunto i tetti della case”, dalle strade alle terrazze. E forse è proprio questa prospettiva dall’alto a consentire allo sguardo di sorvolare sui dettagli, di mantenersi a una distanza di sicurezza dalle implicazioni più dirompenti, dai melodrammi e dalle tragedie. A garantire, in altri termini, la sostanziale tenuta dell’impalcatura, del film e del mondo. Sarebbe occorso ben altro tempo o precisione, per andare a fondo. Sarebbe stato necessario escludere e scavare.
Dall'altezza delle terrazza, invece, è ancora possibile riconoscere un’ironia nella miseria e nella sfortuna, come fa il vecchio commissario in pre-pensionato. O immaginare la libertà dell’innocenza. Del resto all’occhio del dio, il caos è un accidente.

 

 

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