FAR EAST 14 – "Romancing in Thin Air", di Johnnie To


Romancing in Thin Air
 dà sfogo a quella che a conti fatti appare essere la sua vera natura profonda, di puro melodramma antinaturalistico, accecato e irragionevole come un film di Sirk. L'anima romance di Johnnie To, che non è certo una novità per chiunque abbia visto un singolo frammento dei suoi polizieschi, qui si fa decisamente in primo piano, si regala improvvisa e struggente

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Louis Koo and Sammi Cheng in Romancing in Thin AirSorprende il pubblico italiano Johnnie To, certamente la vedette della quattordicesima edizione del Far East Film Festival, portando in anteprima europea a Udine un'opera assai lontana da quelle che in Occidente l'hanno consacrato come maestro dell'action e del noir. Romancing in Thin Air è un film diseguale e spiazzante, che parte come una commedia sentimentale dai risvolti metacinematografici, non disdegna sprazzi slapstick, per poi aprirsi nella parte finale a un'improvvisa virata mélo.

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Più vicino al To più "mainstream", quello di Love on a Diet, Love for All Seasons e, più recentemente, di Don't Go Breaking My Heart, lavori poco noti fuori dai confini ma che in Cina hanno felicemente incontrato il pubblico, all'insegna di una trasversalità impensabile alle nostre latitudini. Pienamente in linea, dunque, il regista di Hong Kong con la "politica" del Far East, che quest'anno più che mai si consolida e rivendica la sua anima di festival del cinema popular dell'Estremo Oriente – ed ecco non fare una piega il Gelso d'Oro alla carriera assegnato a To prima della proiezione.

Tornando a Romancing in Thin Air, il plot dice di un incrocio fortuito tra due cuori abbandonati e infelici, appartenenti a mondi assai diversi: lui, Michael, star del cinema, è stato appena lasciato sull'altare dalla donna che ama e perciò vagabonda ubriaco per le vie di Hong Kong; lei, Sue, che gestisce un albergo nella località montagnosa di Shangri-La, tira avanti senza riuscire a rassegnarsi alla scomparsa dell'amato marito. Sboccia tra i due, inevitabile, un sentimento che nemmeno i rispettivi passati sembrano in grado di contrastare, provvedendo anzi a fornire quegli ostacoli alla felicità, variamente buffi o innocui, che ogni commedia a lieto fine porta inscritti nel suo DNA. Su questo terreno, To in regia e i suoi sceneggiatori (tra cui il fidatissimo Wai Ka-Fai della scuderia Milkyway) confezionano molte gag legate agli scompensi fisici provocati dall'aria d'altura (siamo nella remota provincia cinese dello Yunnan) e alla goffaggine del divo alle prese con un ambiente lontanissimo dalle luci della ribalta; ma raramente Sammi Cheng e Louis Koo, collaudata coppia della commedia romantica cinese, sono messi in grado di carburare, e l'impressione è quella di un lavoro fatto con la mano sinistra, carente dell'impronta di To.

Tutto ciò fino a che, lo si accennava più su, Romancing in Thin Air non dà sfogo a quella che a conti fatti appare essere la sua vera natura profonda, di puro melodramma antinaturalistico, accecato e irragionevole come un film di Sirk. L'anima romance di Johnnie To, che non è certo una novità per chiunque abbia visto un singolo frammento dei suoi polizieschi, se in pellicole come Exiled o The Mission è un dono che lo spettatore deve andarsi a strappare in prima persona dalle mani stesse dell'autore, qui si fa decisamente in primo piano, si regala improvvisa e struggente; si concretizza in un lungo flashback rivelatore, in cui è raccontata la sorte terribile del marito di Sue. Da qui il cinema di To sembra ripartire, per dare vita finalmente a un suo film. Viene in mente, nella diversità incommensurabile di stili e di "moventi", l'ultimo sorprendente Eastwood, la medesima ostinazione a scrivere una storia d'amore nonostante tutto. Anzi, a riscriverla: per J. Edgar nelle pagine di un visionario memoriale, per il Michael di Romancing nella messa in scena riveduta e corretta di una vita che non è possibile accettare così com'è.

 

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