FILM IN TV: "Padre padrone" di Paolo e Vittorio Taviani

Padre padrone è la punta alta del cinema dei due autori toscani anche per l'equilibrio tra cinema e inaspettata popolarità, costituendo un altro tassello di quella storia dell'Italia del riscatto e della forza di volontà che i Taviani hanno raccontato attraverso il loro cinema. Sabato 14 gennaio, ore 2:25 Raitre.

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Anno cruciale, per molte ragioni, quel 1977 italiano. Segnato da non giustificabili eccessi politici fu un anno che lasciò una terribile eredità che da lì a poco avrebbe consegnato una perdurante sconfitta frutto del terrorismo e figlio anche di quell'epoca controversa, non riscattabile, purtroppo, neppure con lo speranzoso finale dell'ultimo Bellocchio. Padre padrone, per la regia dei fratelli Taviani, fu presentato quell'anno in concorso al festival di Cannes, presiedeva la giuria Roberto Rossellini. Oggi, celebriamo i cento anni dalla nascita di Roberto Rossellini, trasgressore per natura, didatta per vocazione. Il film italiano vinse la Palma d'oro convincendo per alcune sue doti prima fra tutte quella di avere avuto il coraggio, in qualche modo dirompente, di raccontare la storia del pastore (Gavino Ledda, autore del libro dal quale il film è tratto) che da semianalfabeta, nonostante la vita fra le pecore, diventa docente di glottologia. Punta alta del cinema dei due autori toscani, il film costituisce un altro tassello di quella storia dell'Italia del riscatto e della forza di volontà (San Michele aveva un gallo, Allonsanfan …) che hanno raccontato, in quegli anni, attraverso il loro cinema fortemente caratterizzato e politico, come in quegli anni voleva essere il cinema italiano controcorrente, trasgressivo ancorché didattico. Spigoloso e aspro, nello stile dei registi che comunque, con questo film, hanno mediato e ridimensionato alcuni ascetismi espressivi e rudezze narrative delle loro opere precedenti Padre padrone raggiunge un equilibrio tra cinema d'autore e inaspettata popolarità che ha, in qualche misura, fatto scuola. Oggi a trent'anni di distanza in un Paese profondamente mutato, per cui potrebbe apparire ingenua la favola di Gavino Ledda e obsoleto un cinema in cui lo spettatore sia privato dello spettacolo o che non narri delle ultime paturnie del manager in preda alle proprie crisi esistenziali, il film mantiene una propria forza espressiva e un proprio carisma che per tanto tempo ha continuato ad esercitare all'interno di alcuni circuiti produttivi italiani. Ciò anche grazie ad un superbo Omero Antonutti che trasforma i silenzi del padre pastore in abissi di paura, soglia di una violenza invisibile e stratificata, e uno Saverio Marconi che alle sue prime esperienze dimostra di essere entrato a pieno nello spirito del cinema dei Taviani, girerà ancora con loro Il prato. Successivamente la freschezza autoriale che con Padre padrone ebbe la consacrazione festivaliera, si tramutò pericolosamente in maniera ripercorrendo solchi già tracciati e il cinema italiano si avviò a fruttificare malamente dentro quell'epoca del riflusso e di sfrenato edonismo che furono gli anni '80. Un torpore dal quale non avrebbe rinunciato neppure dopo l'altra scossa, dell'anno successivo, ad opera di uno sconosciuto attore dello stesso Padre padrone, che avrebbe girato Ecce bombo, lo stracult generazionale che, nel bene e nel male, avrebbe fatto molti discepoli, ma anche molti ripetenti.

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Padre padrone di Paolo e Vittorio Taviani
con Saverio Marconi, Omero Antonutti, Marcella Michelangeli
Italia 1977 (110')
Sabato 14 gennaio, ore 02:25 Raitre

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