CANNES 65 – “Like Someone In Love”, di Abbas Kiarostami (Concorso)

like someone in love
Se avesse avuto il coraggio di fermarsi prima, forse staremmo a parlare di un piccolo capolavoro. Resta comunque un buonissimo film in cui il cineasta iraniano, dopo l’Italia di Copia conforme, si appropria delle traiettorie metropolitane e dei suoni di Tokyo. Oltre la teoria, un notevole lavoro sul fuori-campo dove anche voci preregistrate diventano monologo interiore

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like someone in loveDall’Italia al Giappone. Nel passaggio tra il paesaggio toscano di Copia conforme e le luci di Tokyo di Like Someone In Love, Kiarostami non riproduce tanto l’esportabilità della sua idea di cinema, ma mostra invece come – dall’Iran, poi dall’Italia, poi dal Giappone – la sua macchina da presa tenda ad appropriarsi di quello spazio, adattandolo ai suoi tempi, dilatandolo nei dialoghi, nei movimenti che potrebbero anche estendersi all’infinito. Dalla sera alla mattina. L’automobile appare il riciclaggio, per esempio, di quella di E la vita continua e Dieci. Diventa un’altra specie di set mobile, in un film tra il dentro e il fuori, tra il campo e il fuori-campo, dove tutto l’impianto teorico invece si sbriciola nei riflessi sui vetri, in una voce che può essere diretta o anche quella di una specie di monologo interiore. Akiko è una giovane ragazza che si prostituisce per potersi così pagare gli studi. Una sera viene accompagnata a casa di un uomo anziano, un professore universitario al quale offre il suo corpo. Lui invece gli apre la sua casa e si prende cura di lei.

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like someone in loveNon è il ‘viaggio a Tokyo’ sulle tracce di Ozu di Hou Hsiao-hsien di Café Lumiére. Ci sono però più sguardi e più orecchie sulla città. Ancora un incontro fortuito dopo Copia conforme, una storia a due dove il paesaggio che in alcuni tratti sembrava quello dei suoi film iraniani, stavolta viene assorbito nelle traiettorie metropolitane, esempio di un cinema così uguale e così diverso che inizialmente può anche lasciare disorientati ma poi si viene, proprio da un punto di vista sensoriale, trasportati nei ritmi propri di Kiarostami. Già all’inizio nel locale si creano continui dubbi su chi sta parlando. Prima della voce di Akiko al telefono, la conversazione potrebbe riguardare, per esempio due clienti seduti a un tavolo. Dalla voce al corpo, dal corpo alla voce, Like Someone In Love diventa quasi una confessione, con punte emozionali altissime (i continui messaggi in segreteria lasciati dalla nonna che Akiko ascolta in taxi e poi il giro della macchina attorno alla colonna vicino alla stazione), in cui la parola nella sua insistita ripetizione squarcia quell’apparente e iniziale impermeabilità. Poi tutto il rapporto tra il professore e la ragazza è uno degli squarci davvero più profondi dell’ultimo Kiarostami, tutto sul gesto e sullo sguardo, su complicità che non sono conseguenza di rivelazioni.

 

Uno sguardo ‘hitchockiano’. Duplicazioni alla Rear Window, più finestre dall’interno e l’esterno, dove si vede l’azione, parallelamente o accanto a chi la sta osservando e quindi filmando. Il professore vede il litigio tra Akiko e il suo ragazzo (interpretato da Ryô Kase, il soldato fantasma giapponese di L’amore che resta di Gus Van Sant); la vicina di casa dell’uomo, dalle tende della finestra della sua abitazione, spia su tutto quello che sta avvenendo del cortiletto di fronte intervenendo anche direttamente. L’unico difetto di Like Someone In Love è che avrebbe dovuto chiudersi prima. L’ultima parte sembra infatti un po’ appiccicata, soprattutto dalla chiamata di Akiko al professore. Se l’avesse fatto, forse ora staremmo a parlare di un piccolo capolavoro. Resta comunque un buonissimo film. Dopo Copia conforme e Like Someone In Love c’è ancora più curiosità su quello che Kiarostami farà in futuro, soprattutto per come mette in gioco gli inattesi risvolti di una nuova passionalità.

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