VENEZIA 69 – “Low Tide“, di Roberto Minervini (Orizzonti)


Il cinema di Minervini è un cinema alla spasmodica ricerca della verità, ma nel tentativo di “liberare” il film da ogni vincolo: sia esso di sceneggiatura o di messa in scena, lo stesso tende un po’ a girare a vuoto, a bighellonare senza meta, esattamente come il suo piccolo protagonista

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Un dodicenne e sua madre vivono vite separate seppur sotto lo stesso tetto. Lei sempre fuori casa, dividendo il suo tempo tra lavoro e sbronze, lui che cerca di riempire il vuoto bighellonando in giro. La situazione si trascina stancamente di giorno in giorno fino ad un evento traumatico che farà si che la madre torni a percepire la presenza di suo figlio. Non a caso, infatti, solo nel finale assistiamo ad un bacio tra madre e figlio.

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Roberto Minervini è italiano ma si è trasferito in Texas ormai da alcuni anni, dove è ambientato questo suo secondo film che è parte di una sorta di “trilogia texana” composta dal precedente The Passage e da un terzo film attualmente in lavorazione.

Il cinema di Minervini è un cinema alla spasmodica ricerca dell’America più vera, che si arrabatta fra le briciole del “sogno americano” che fu. Verità a tutti costi, tanto che il regista si definisce “Forse più un reporter che un regista”, che, dunque, non ha bisogno di nulla: né di attori professionisti, né di luci artificiali, ma neanche di sceneggiatura (lavora con un canovaccio di massima) e fin’anche la regia (che comunque contempla solo la ripresa con camera a mano) è improvvisata.

 

Questa ricerca produce indubbiamente i suoi effetti e l’autenticità è effettivamente palpabile, anche perché Minervini, si inserisce nei gruppi sociali che filma, frequentandoli per lungo tempo prima delle riprese, facendo in modo che questi arrivino quasi a rappresentare se stessi più che recitare. Tuttavia, però, accade che nel tentativo di “liberare” il film da ogni vincolo: sia esso di sceneggiatura o di messa in scena, lo stesso tenda un po’ a girare a vuoto, a bighellonare senza meta, esattamente come il suo piccolo protagonista. Arrivando magari al paradosso che le scene più emozionanti sono proprio quelle finali indubbiamente, se non proprio scritte, quantomeno più pensate nelle quali madre e figlio cercano una riconciliazione, una normalità, “fuori stagione” come la spiaggia in autunno.

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    Un commento

    • film tragicamente/magicamente profondo e autentico.
      Indaga e rappresenta la solitudine e l'assenza di parola dell'infanzia e dell'età adulta in modo implacabile e molto molto efficace. Film/documentario, Documetario/film. Ho apprezzato ogni cosa.
      Complimenti al regista Roberto Minervini e al giovane protagonista senza sorriso