VENEZIA 69 – “Acciaio”, di Stefano Mordini (Giornate degli Autori)

Acciaio
Il film di Stefano Mordini è tratto dal romanzo di Silvia Avallone che ha collaborato alla sceneggiatura. Acciaio ha il merito di stringere lo sguardo sul malessere della provincia italiana nella quale la crisi economica ed industriale si è diventata anche crisi irreversibile dei rapporti umani all’interno di una inguaribile sfiducia nel futuro. Mordini pratica un cinema “d’altri tempi” che diventa esempio di un efficace pragmatismo che interviene sulla realtà d’ogni giorno nella quale domina l’impossibilità di uno stabile e duraturo radicamento nei luoghi di nascita e crescita

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AcciaioIl sogno industriale è già consumato e la fase post-industriale ha lasciato subito spazio alla desertificazione che ha segnato il paesaggio trasformando l’ipotesi di sviluppo futuro in un presente in cui si vive in una specie di generale abbandono. In questo scenario che costituisce corpo essenziale del film, tanto ne sono immersi i personaggi, si sviluppano le storie di Anna e Francesca, due adolescenti amiche per la pelle, di Alessio fratello maggiore/padre di Anna. Piombino, con la sua acciaieria e la sua demotivata classe operaia, diventa emblema di una provincia italiana in cui si vivono le disillusioni di un auspicato benessere e i protagonisti del film di Mordini restano vittime di questo precario equilibrio che serpeggia. Un costante e pericoloso precariato che ad Alessio offre soluzioni al di fuori della legalità, i piccoli furti notturni per arrotondare il salario della Lucchini. Un precariato che annulla quindi ogni speranza trasformandosi in cattiveria, che a sua volta diventa costante caratteristica dei rapporti umani e in rassegnazione alla quale diventa difficile sottrarsi. Neppure le due giovani protagoniste, amiche “per la pelle” sembra possano sottrarsi, nonostante tutte le buone intenzioni, a questa esistenza così chiusa e tutta contenuta negli svaghi del fine settimana e l’evasione che offre un malandato capanno sulla spiaggia.

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Il film di Stefano Mordini, già autore di Provincia meccanica, è tratto dal romanzo di Silvia Avallone che ha collaborato alla sceneggiatura.

Acciaio ha il merito di stringere lo sguardo sul malessere della provincia italiana nella quale la crisi economica ed industriale si è diventata anche crisi irreversibile dei rapporti umani all’interno di una inguaribile sfiducia nel futuro. Sono i frutti di una pericolosa regressione non soltanto industriale, che ha cancellato ogni solidarietà operaia che diventa episodica e legata ai rapporti personali. Sono finiti i tempi delle amicizie eterne e durature, dei vitelloni e di ogni altro genere di sfaccendati le cui amicizie potevano essere minate soltanto da incomprensioni per lo più amorose. Nello stesso momento però il film si intesse delle ricchezza di altri rapporti quelli difficili, ma indispensabili tra le due giovani protagoniste. Due vite in bilico, due vite in pericolo, due differenti caratteri, due modi di fuggire da una odiosa mediocrità provinciale.

Praticando un cinema “d’altri tempi” Mordini diventa esempio di un efficace pragmatismo che ha il merito di intervenire, senza presunzione, ma con la consapevolezza di una buona conoscenza dei caratteri e dei temi, sulla realtà d’ogni giorno nella quale domina l’impossibilità di uno stabile e duraturo radicamento nei luoghi di nascita e crescita e in questo difficile rapporto si trovano le ragioni che fanno da ostacolo alla possibile via d’uscita. Da qui il progressivo senso di grave disagio che Mordini fa emergere nei raporti che dividono Anna e Francesca, che si legge nell’irrisolto rapporto tra Alessio ed Elena, nel conflittuale, rapporto tra Alessio e Anna ed il padre colpevole della sua costante assenza dalle mura domestiche. Il desiderio però è quello di una ricomposizione dei rapporti ed è Alessio che si assumerà il carico di questo compito. Il suo sacrificio finale, va letto come estremo atto d’amore perché possa realizzarsi l’indispensabile ricostituzione di rapporti, perché possa riconoscersi una speranza che sia viatico per il futuro.

Acciaio è un film che ha il merito di appartenere alla categoria di quei trasparenti, in cui l’onestà delle intenzioni corrisponde alla sincerità della resa finale, qualità non così frequenti nel cinema italiano.

Un particolare merito va riconosciuto al cast che costituisce una squadra sulla quale sarà possibile contare anche in futuro. Infatti, se già ci erano note le qualità di Michele Riondino e quelle di Vittoria Puccini nel ruolo di Elena, abbiamo potuto apprezzare la sensibilità espressiva della giovanissima Matilde Giannini che ha conferito alla sua Anna una presenza scenica modulata sui mezzi toni e quelle di Anna Bellezza che ha dato corpo ad una credibile Francesca divisa tra la normalità quotidiana e la pericolosa trasgressione frutto di un costante desiderio di fuga sempre inespresso.

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