FESTIVAL DI ROMA – “Jeunesse”, di Justine Malle (Alice nella città)

Jeunesse Justine Malle Esther Garrel

Sguardo lucido e commovente sulla perdita degli affetti paterni, e sulla contemporanea ricerca degli affetti con cui condividere la vita, Jeunesse, girato con soli 300mila euro dalla figlia di Luis Malle, è un cinema dannatamente autobiografico (come Il padre dei miei figli, di Mia Hansen-Love, o come quasi tutto il cinema di Garrel), che mette a nudo le debolezze e le risorse infinite della giovinezza, narrata attraverso il corpo particolare, non certo da classica attrice francese, di Esther Garrel, altra figlia d’arte.

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jeunesse di Justine MalleL’amore non esiste, se non è reciproco”, dice a un certo punto il personaggio di Benjamin, il ragazzo un po’ fuori dal comune, amato dalla giovane protagonista di Jeunesse, Juliette. Ma che cos’è la reciprocità? E quanti tipi di amore siamo in grado di sostenere? E i nostri corpi, mentre mutano negli anni, possono trattenere e moltiplicare questi amori?

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Sembra di essere dentro le atmosfere leggere e profondissime di un film di Eric Rohmer, con le battute di un film di Philippe Garrel e l’energia emozionale di un film di Olivier Assayas, invece siamo dentro all’esordio di Justine Malle, figlia 38enne del grande regista della Nouvelle Vague, Louis Malle. Scomparso nel 1995, a soli 63 anni per una malattia degenerativa, quando la figlia Justine era appena ventenne, questo padre intellettuale originale e anticonformista, libero uomo e grande amatore di donne, con le quali mise su tre famiglie con figli, non è solo omaggiato come un dolce ricordo in questo film, ma è meravigliosamente amato, attraverso il cinema, attraverso il dolore provato, nei luoghi della giovinezza (la vera casa di campagna di Malle) e, soprattutto, nei luoghi sentimentali dei vent’anni.

 

Jeunesse, girato con soli 300mila euro, è un cinema dannatamente autobiografico (come Il padre dei miei figli, di Mia Hansen-Love , o come quasi tutto il cinema di Garrel), che mette a nudo le debolezze e le risorse infinite della giovinezza, narrata attraverso il corpo particolare, non certo da classica attrice francese, di Esther Garrel, altra figlia d’arte, che nel suo mettersi nei panni della giovane Malle (ma la regista ha detto che “Juliette è molto diversa da me e papà era un uomo troppo unico per rappresentarlo. Ho anche chiesto a Esther di non ispirarsi a me, ma di sentirsi libera. E infatti rispetto alla sceneggiatura, il personaggio è diventato più intenso") non può non portare con sé il suo essere ragazza di una terza generazione di cineasti. Esther Garrel, un po’ alla Drew Barrymore, il cinema sembra portarlo dentro il suo corpo e il suo sguardo, a volte indolente, a volte implorante, a tratti irritante, ma sempre caratterizzato da un’incredibile capacità di mostrare, contemporaneamente, fragilità e forza d’animo, ribellione e gusto per le cose del passato. E quando si ritroverà nella casa del papà ormai malato, quasi incapace di muoversi e parlare, Juliette lo ricercherà nelle immagini di un suo film, L’Inde fantôme: Reflexions sur un voyage, e riuscirà a risvegliarne i sensi, solo per un attimo, fantasticando di un ultimo, (im)possibile, viaggio in India, dove Malle aveva realizzato i suoi film più amati.

Sguardo lucido e commovente sulla perdita degli affetti paterni, e sulla contemporanea ricerca degli affetti con cui condividere la vita, Jeunesse commuove e seduce, emoziona e intriga, anche quando si percepisce un “eccesso d’amore” verso la Nouvelle Vague e tutto quello che ha significato per il cinema francese (e non solo).  Ma è davvero un peccato, l’eccesso d’amore per i propri padri?

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