Quando l’amore brucia l’anima – Walk the Line, di James Mangold

“Walk the Line” imbastisce una valzer stregato di note con un unico, straordinario sottofondo: quello dell'amore. Ma non quello semplice, quello facile. Amore per un fratello sul letto di morte, amore per una famiglia spezzata, amore per una donna e per i figli mai protetti abbastanza.

--------------------------------------------------------------
CORSO COMUNICAZIONE DIGITALE PER IL CINEMA DALL'11 APRILE

--------------------------------------------------------------

“Tu sei un uomo buono”- dice June Carter a Johnny Cash. Cosa dire di più ad un uomo? Nulla, davvero. In due parole si consuma una doppia dichiarazione. D’amore, certo, ma anche di intenti. Tu sei un uomo buono, mi posso fidare di te, ti ammiro per quello che sei. Nonostante tutto. Quindi nonostante gli sbagli, le marce indietro, le frasi incompiute, gli appuntamenti mancati. Mi fido di te, perché, in fondo, sei buono. Certo, non è semplice, fissare gli occhi di un uomo e leggervi il mondo dentro. Perché spesso è un mondo sbagliato, anzi, un mondo in rovina. Eppure, in una sequenza di Walk the Line, il prodigio si consuma. Phoenix/Cash si avvicina alla donna che sente di amare, sta per baciarla, poi si tira indietro. “Scusa non volevo”, le dice. Lei non lo bacia, ma gli dichiara amore eterno. Non a parole, quelle appartengono a chi crede di avere le idee chiare e di controllare tutto ciò che gli gira intorno. Uno sguardo a volte parla di più. Già, ma chi guardare? La moglie e le figlie che reclamano un padre con cui giocare e un marito con il quale “costruire”, oppure quella ossessionante hit parade da scalare il prima possibile? Mangold non sceglie, Cash neppure. Ed entrambi trovano il coraggio di precipitare. A capofitto, senza freni, senza paracadute. E’ l’inferno, ma senza fiamme visibili. Tutto sembra rimanere uguale a prima. Le macchine, la piscina in casa, un tenore di vita sempre più alto. Eppure si sta scendendo, sempre più in basso. Poi, toccato il fondo, si risale. In fondo sei un uomo buono. Solo chi ha vegliato su di te in squallide stanze d’albergo e dietro le quinte un attimo prima della tua esibizione, sa cosa significhi davvero. L’amore non brucia solo l’anima, ma il corpo, le viscere, stordendo il passato e stravolgendo il presente. C’è chi per Walk the Line si è rifugiato nella definizione di biopic. Facile, molto, molto facile. Il biopic in realtà, se c’è, dura pochissimo. Un giro di do e uno di re forse, ma è già troppo. Non c’è palco, non c’è esibizione, né trucco. Phoenix/Cash armano la chitarra a pallettoni e la puntano contro il pubblico, ovvero contro di noi. Artiglieria pesante, garantito al cento per cento. Bisogna solo stare al gioco e capire la finezza. Il resto è storia.

--------------------------------------------------------------
#SENTIERISELVAGGI21ST N.17: Cover Story THE BEAR

--------------------------------------------------------------

Di cosa? Ma di una chitarra che si trasforma in macchina da presa al calor bianco, pronta a sparare a ripetizione: prima una storia come tante altre incorniciata dall’apparizione spettrale di Elvis e di Jerry Lee Lewis, poi quella di un mèlo virale che entra in circolo lentamente, per contaminare in seguito ogni epidermide del racconto. Mangold ci fa credere di assistere alla storia della vita di Johnny Cash, quando in realtà ci racconta la nostra vita, quella di tutti i giorni. Il dolore del passato (il ricordo del fratello maggiore di Cash morto da piccolo), la difficoltà a convivere col presente, le responsabilità da prendersi, quotidianamente. La musica è un palliativo che corrobora i muscoli e distende i nervi, il resto si gioca nel corpo a corpo con i fantasmi di una vita sbagliata, sì, ma tremendamente viva. Lo si avverte dal sudore che riga il volto sconvolto di Phoenix (capace di un’interpretazione per la quale un Oscar non basta), da quel pezzo di stoffa rossa appartenente al vestito di June Carter (Reese Whiterspoon) che gli rimane in mano, dalla corsa disperata con cui cerca di fermare la moglie che si sta portando via i bambini. Errori su errori, certo, ma con la consapevolezza che non ci sarà mai posto per nessun tipo di rimpianto. Walk the Line imbastisce una valzer stregato di note con un unico, straordinario sottofondo: quello dell’amore. Ma non quello semplice, quello facile. Amore per un fratello sul letto di morte, amore per una famiglia spezzata, amore per una donna e per i figli mai protetti abbastanza. E poi amore per June Carter, quella donna  che ha oltrepassato la barriera dell’apparenza, per farsi fantasma di infinite promesse di pace e serenità. E’ uno strano luogo dell’anima questo Walk The Line, una faccenda del tutto intima che, al di là della bravura ormai assodata di Mangold (davvero uno degli ultimi classici in circolazione), sa coinvolgere i sensi e colpire lo stomaco. Come quello sguardo finale che Phoenix invia alla sua donna, come pegno d’amore finalmente coronato. Uno sguardo tenero e furtivo, come un bacio rubato. Quello di un uomo buono, dopotutto.

Titolo Originale: Walk The Line

Regia: James Mangold

Interpreti: Joacquin Phoenix, Reese Whiterspoon, Ginnifer Goodwin, Robert Patrick, Shelby Lynne, Dan Beene

Distribuzione: 20Th Century Fox Italia

Durata: 135′

Origine: USA, 2005

--------------------------------------------------------------
CORSO COLOR CORRECTION con DA VINCI, DAL 5 APRILE

--------------------------------------------------------------

    ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER DI SENTIERI SELVAGGI

    Le news, le recensioni, i corsi di cinema, la riviste, i libri, gli eventi e tutte le nostre iniziative