"Damsels in distress – Ragazze allo sbando", di Whit Stillman


Stillman attraverso vestiti e canzoni anni ’50 e ’60, letteratura ottocentesca, dialoghi epigrammatici trasla la vicenda in un vero e proprio universus a latere, dove la danza cura le lacrime e il gioco delle coppie è (quasi) indolore e (quasi) naturale. E lo fa appoggiandosi in veste via via ironica, omaggiante, rivisitatrice agli youth movies degli ’80 – ma va all’inimitabile fonte, Animal House – e ai musical di Fred Astaire

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Tony Judt, storico inglese morto nel 2010, scrisse che “the best thing about America is its universities”. Ma non l’Harvard bostoniana o la Princeton della cattedra di fisica, piuttosto i piccoli, de-localizzati istituti pubblici e le annesse incredibili biblioteche: l’Università dell’Indiana a Bloomington che conta quasi 8 milioni di libri, o l’Università dell’Illinois a Urbana-Champaign con più di 10 milioni di volumi. Biblioteche che appaiono nel bel mezzo di “godforsaken midwestern scrubscape, pockmarked by billboards, Motel 6s, and a military parade of food chains”, (apparentemente) oggetti impossibili che per la loro collocazione suburbana, rurale o addirittura wilderness, acuiscono e allo stesso tempo leniscono la tensione – oramai quasi biologica – intimamente americana dello scontro, incontro, somma di cultura e natura.
Diciotto anni di silenzio forzato per Whit Stillman, dal ’90 di Metropolitan – Pardo d’argento ex-aequo con Riflessi sulla pelle di Philip Ridley e nomination all’Oscar per la miglior sceneggiatura originale – al ’98 di The Last Days of Disco, passando per il ’94 di Barcelona, tra progetti sulla Rivoluzione Culturale cinese e gli anni sessanta giamaicani, diciotto anni in cui molto è cambiato tra la Salt Lake City del Sundance e la Los Angeles di Hollywood, tra mumblecore e indiewood, tra nuovi metodi e intenti di ripresa e attori, autori, maestranze. Stillman, nonostante questo iato che per i più poteva divenire arido abisso, non ha perso il tocco e l’intento che l’ha sempre mosso, anzi, si può dire che questo Damsels in Distress sia il punto di massima espansione di tutta una serie di sguardi, attitudini, percorsi che il suo poco numeroso e precedente cinema ha comunque fin da subito esibito.

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E lo fa saltando agevolmente e programmaticamente la barricata, inoltrandosi pienamente in un cinema del passato che si fa cinema della nostalgia e del sogno. Un passato che non è l’orizzonte di arrivo delle vicende delle quattro ragazze, una nostalgia che non è languido ricordo di quanto c’era di tenero e avvolgente nel tempo perduto: Stillman attraverso vestiti e canzoni anni ’50 e ’60, letteratura ottocentesca, dialoghi epigrammatici trasla la vicenda in un vero e proprio universus a latere, dove la danza cura le lacrime e il gioco delle coppie è (quasi) indolore e (quasi) naturale. E lo fa appoggiandosi in veste via via ironica, omaggiante, rivisitatrice agli youth movies degli ’80 – ma va all’inimitabile fonte, Animal House – e ai musical di Fred Astaire – i titoli fondamentali del regista, Cerco il mio amore (The Gay Divorcee) e Una magnifica avventura (A Damsel in Distress) –, termini primi di una dimensione filmica fluttuante che non ha niente di meta-testuale e meta-storico.

Il risultato è tanto più straniante e a-razionale quanto intrigante ed immersivo, con la regia di Stillman a giocare un ruolo chiave con la sua orizzontalità e razionalità, uno stile di ripresa pulito e continuo che ci mostra e suggerisce e trasporta esattamente quello che deve mostra, suggerire, trasportare (quando Violet lascia il biglietto sul letto il movimento di macchina sembra quasi prefigurare cosa poi sia successo). Alla costruzione totalizzante di questo mondo luminoso partecipano con ampio grado di successo e appropriazione i lievi e colorati reparti tecnici (con sugli scudi il montatore Andrew Hafitz, che tra dissolvenze, stacchi e cartelli ha dato la giusta marcia a questo difficile film) e il numeroso gruppo di attori, questi ultimi molto importanti per l’affresco e la poetica di Stillman, come dimostrano i casting interessanti e precisi delle sue opere, tra cui spuntano i nomi di Mira Sorvino, Chloë Sevigny e adesso Greta Gerwing e Analeigh Tipton.

Titolo originale: Damsels in Distress
Regia di: Whit Stillman
Interpreti: Greta Gerwing, Carrie MacLemore, Megalyn Echikunwoke, Analeigh Tipton, Ryan Metcalf, Hugo Becker, Adam Brody
Origine: USA, 2011
Distribuzione: Warner Bros. Italia
Durata: 99'

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