Sopravvivere al XXI secolo: Skyfall 007, di Sam Mendes

Sam Mendes non lesina di trasformare il prototipo del cinema seriale e industriale in un delizioso giocattolo d’autore, dentro le linee concettuali di un cinema orgogliosamente “post”.

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M, Q, 007… sono i nomi in codice dell’immaginario un’epoca. Un’altra epoca. Quella della “Terza Guerra Mondiale”, storicamente conosciuta come “Guerra Fredda”. E’ lì che nasce la più longeva delle serie cinematografiche, che quest’anno festeggia il suo 50° compleanno. Nato dalla penna di Ian Fleming nel dopoguerra (la seconda…), il personaggio di James Bond trovò la sua consacrazione proprio nell’anno cruciale della Guerra Fredda, il 1962, quello che seguì la costruzione del Muro di Berlino, e che con la crisi dei Missili di Cuba portò il mondo vicinissimo alla guerra nucleare. Ma bisogna avere almeno cinquant’anni per sentire queste vicende non come asettiche ricostruzioni storiche, ma come elementi che vivono sulla propria pelle, dentro il proprio immaginario. Non sono storie per giovani, insomma. E’ un prodotto d’altri tempi destinato ad un pubblico adulto? Forse… Ma oggi la cultura pop vive di innesti, di improvvisi revival, di scoperte e riscoperte, in una sorta di bricolage culturale che sembra aver trasformato la cultura mainstream in una creatura post punk. Le barriere (della storia) sono ormai superate, i corpi cinematografici sono delle icone di un immaginario più complesso, dove l’odore della pellicola e della sale fumose anni sessanta, si mescola con la logica della cifra digitale dell’era Youtube.  Dov’è il vecchio? Dove sta, il nuovo? “La giovinezza non è garanzia di innovazione”, dice James Bond/Daniel Craig, quasi a voler riaffermare la cultura dell’esperienza – analogica – “contro” quella delle nuove generazioni digitali. Ed ecco che il kit di James Bond anno 2012, si riduce a una pistola, sia pure personalizzata, e un localizzatore. In un mondo postmoderno dove tutti possediamo le tecnologie più complesse ed avanzate, la spia supertecnologia per antonomasia si ripresenta in una sorta di “grado zero”, rimettendo al centro dell’esperienza umana il corpo, il pensiero (e l’azione!).

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Chiamato dall’amico Daniel Graig per celebrare questo cinquantennale, Sam Mendes (in preziosa buona compagnia, lo sceneggiatore John Logan, lo scenografo Dennis Gassner e il top della fotografia, Roger Deakins) non lesina di trasformare il prototipo del cinema seriale e industriale in un delizioso giocattolo d’autore, dentro le linee concettuali di un cinema orgogliosamente “post”.

Perché nel 2012 le dinamiche che erano tutte dentro la serie della seconda metà del 900, sono ormai saltate. La Cortina di Ferro non c’è più, persino gli arabi non sono più il nostro “altro da sé”, né lo sono gli asiatici, insomma: il nemico non si vede più. Però c’è ancora. Neanche fossimo in un Cronenberg anni ottanta, questo è dannatamente rimasto dentro le nostre strutture (mentali e organizzative). Siamo alla resa dei conti,  dove il mostro si annida dentro il nostro stesso organismo. Niente di nuovo, si dirà, per chi ha masticato pane e horror da trent’anni… ma 007 non è un cinema di genere sperimentale, è il campione del cinema della tradizione spettacolare e spensierato, quello dell’era dei Blockbuster. Ma oggi neanche ci sono più le catene, il cinema si smaterializza dalla pellicola, i luoghi della persistenza della retina si moltiplicano e personalizzano. Cosa resta?

Restano le macerie, non della Storia, ma dell’immaginario collettivo, ed ecco che Mendes, letteralmente, ci ricaccia nel sottosuolo (ancora i mostri dell’horror), nei cunicoli di una Londra ancora sotto i bombardamenti nazisti, luoghi churchilliani dove l’apparato dello spionaggio deve rifugiarsi dopo gli attacchi frontali del cattivissimo Silva (un Javier Bardem sempre gioiosamente sopra le righe, quasi un magnifico criminale dandy, che si presenta in quel fantastico piano sequenza dove da campo lunghissimo arriva fino al primissimo piano). Ma il problema del nuovo conflitto, non è più la forza militare del nemico, o gli obiettivi strategici. Il nemico è una scheggia impazzita di un rapporto “edipico” irrisolto (che poi sia con una donna e abbia atteggiamenti gay è garanzia del perfetto melting pot sessuale dei nostri tempi), e il vero dramma è la messa a nudo delle identità delle spie. Dichiarare le identità diventa il vero atto criminale dei nostri tempi, la trasparenza il peggior crimine possibile.

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Skyfall 007Ed ecco che Skyfall nella mani magiche di Sam Mendes sembra ridisegnare degli scenari narrativi che sono consapevoli del fatto che 007 è inevitabilmente un’icona del XX secolo, e che pertanto può essere rivitalizzato solo esasperando il conflitto. Non a caso passando per Shanghai (la capitale del XXI secolo…), delle peripezie dell’Ethan Hunt di Mission Impossible. Il vecchio e il nuovo si incrociano, i confini del mondo si spostano, gli skyline delle metropoli competono nell’immaginario collettivo (dalla New York di Spiderman a Shanghai fino a Dubai, veri scenari del nuovo secolo, così ingloriosamente dimenticati dall’ultimo Batman, dove Gotham City non è ne gotica né futurista, ma pura ripetizione del vecchio nuovo mondo…).

Lo scontro, alla fine, è tutto interno alle logiche, ormai obsolete, di un’organizzazione che viveva sui due grandi tabù, esplosi nel nuovo millennio: la segretezza e la tecnologia. Oggi il sapere e le informazioni posso appartenere a tutti in un secondo, e la tecnologia è il mondo. Segreti e tecnica non appartengono solo agli agenti segreti, ma sono patrimonio di qualsiasi giovanotto nativo digitale. E mentre i corpi del ‘900, quello di M (Judy Dench) che resiste per mantenere la sua funzione sociale e quello di Silva che invece vuole farla deflagrare in un abbraccio mortale, sembrano destinati a finire, 007 sembra trovare nelle tracce nascoste del suo corpo d’azione puro il luogo – anche geo(bio)grafico –  indispensabile, da dove ripartire, magari trasformandosi, come nella fin troppo teorica sua prima apparizione, in un’ombra. Resistere, parafrasando Paul Nizan “Avevo cinquant’anni e non permetterò mai a nessuno di dire che questa è l’età più bella della vita”

Titolo originale: id.
Regia: Sam Mendes
Interpreti: Daniel Craig, Javier Bardem, Ralph Fiennes, Naomie Harris, Albert Finney, Judi Dench
Distribuzione: Universal
Durata: 145′
Origine: UK/USA 2012

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
4.3

Il voto al film è a cura di Simone Emiliani

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Il voto dei lettori
4 (1 voto)
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